sabato 17 dicembre 2011

Multinazionali italiane, la fuga che distrugge il paese - di Redazione Contropiano

Le delocalizzazioni arricchiscono il portafoglio delle aziende, mentre azzerano progressivamente la capacità produttiva del paese. I dati dell'Istat chiariscono le dimensioni del fenomeno.

I dati ci risultano così evidenti che non ci sembra necessario "commentarli" prima di averli studiati (e ci vorrà un poco, vista la massa di informazioni da metabilizzare). Ma certo la retorica dei "sacrifici indispensabili" per "evitare la catastrofe del paese" ci risultano un po' (molto) più insopportabili di prima. Loro se ne vanno a produrre altrove e lasciano a noi il compito di "smettere di vivere al di sopra delle nostre possibilità".
Quindi riportiamo la presentazione fatta dall'istituto e alleghiamo il rapporto completo in pdf.
Buona lettura!
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Nel biennio 2010-2011, i principali gruppi multinazionali italiani mostrano una significativa propensione all'espansione all'estero: infatti, oltre il 39% di quelli attivi nei servizi e più del 30% di quelli industriali hanno dichiarato di aver progettato o già realizzato nuovi investimenti di controllo all'estero.
Produzione, distribuzione e logistica sono i comparti dei nuovi investimenti realizzati all'estero dai gruppi multinazionali industriali.
La localizzazione dei nuovi investimenti esteri è principalmente orientata all'Ue15 e agli Altri paesi asiatici, incluso Vicino e Medio Oriente.
Nel biennio 2010-2011, rispetto al 2008-2009, si riduce in misura significativa il peso dell'Unione Europea (Ue) come destinazione dei nuovi investimenti di controllo all'estero. Le nuove mete sono India, Stati Uniti e Canada, America Centro-meridionale. Risulta stazionario il peso relativo della Cina.
Nel 2009 la presenza italiana all'estero si conferma rilevante e geograficamente diffusa, con oltre 21 mila controllate in 165 paesi, che impiegano 1,5 milioni di addetti con un fatturato di 378 miliardi.
Le controllate all'estero nella manifattura (oltre 6.500 imprese) sono poco più della metà di quelle dei servizi non finanziari, ma rappresentano, in termini di addetti, il 47,2% del totale.
La fabbricazione di macchine ed apparecchi meccanici, le industrie tessili e dell'abbigliamento e i mezzi di trasporto sono i settori industriali con la più ampia presenza all'estero in termini di occupazione.
Le società finanziarie e il commercio assorbono oltre il 60% dell'occupazione nei servizi creata dalle multinazionali italiane in paesi diversi dall'Italia.
Nei settori tradizionali e nella meccanica strumentale la presenza italiana all'estero è concentrata in un numero limitato di paesi. Romania (94 mila addetti), Brasile (69 mila) e Cina (69 mila) si confermano i principali paesi di localizzazione delle attività industriali. I servizi si concentrano, invece, negli Stati Uniti (104 mila addetti) e in Germania (65 mila).
Le esportazioni attivate direttamente dall'estero rappresentano oltre il 30% del fatturato delle affiliate estere industriali.
La spesa in R&S realizzata all'estero è concentrata nell'Ue27, nel Nord America e nel Centro e Sud America.
L'accesso ai nuovi mercati continua a essere il principale vantaggio di operare direttamente all'estero; seguono, nell'industria, la logistica e il costo del lavoro.
Gli accordi commerciali e le joint-venture rappresentano le modalità organizzative diverse dal controllo più adottate dalle multinazionali.
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zipLe multinazionali italiane allestero - 16_dic_2011 - Tavole.zip25.48 KB

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