Ora che la polvere sollevata va depositandosi con l’approvazione della manovra, vediamo di analizzare gli interventi sulle pensioni con un po’ di freddezza e un paio di numeri.
A grandi linee e non crocefiggetemi se i numeri non sono esatti fino nei minimi dettagli, le grandi innovazioni sono:
- Età della pensione di vecchiaia a regime per gli uomini e per le donne. 67 anni con incrementi legati all’aspettativa di vita che potrebbero portare il limite verso i 70 anni. L’età di 67 anni dovrebbe conseguirsi tramite gli incrementi dovuti all’aspettativa di vita ma, ove ciò non avvenisse e cioè se l’aspettativa di vita non crescesse oppure addirittura scendesse, un comma prevede comunque l’incremento a 67 anni.
-Contributi minimi per la pensione anticipata a 42 anni e tre mesi per gli uomini, con età minima di 62 anni oppure con una penalizzazione dell’1 % per ogni anno di anticipo fino a i 60 anni e del 2% per ogni ulteriore anno al di sotto dei 60 anni. Le stesse regole varranno per le donne con la eccezione che la contribuzione minima è fissata in 41 anni e tre mesi a regime.
I cambiamenti, salvo un’eccezione per i nati nel 1952 che hanno avuto la grazia di uscire a 64 anni, sono in vigore istantaneamente, quindi, salvo futuri ripensamenti da parte di altri governi a venire, da oggi siamo il Paese europeo con il sistema pensionistico più restrittivo. Si dirà: siamo anche il Paese europeo con il debito pubblico più alto; vero e questa era una condizione necessaria per mettere mano al sistema, ma non sufficiente.
Non era sufficiente e infatti mancava qualche altra condizione fondamentale, ad esempio che il sistema previdenziale dei lavoratori dipendenti fosse uno degli elementi di indebitamento dello stato, cosa che non è. Nell’anno peggiore dell’INPS, il 2010, quando era largamente previsto che l’ente avrebbe avuto il picco negativo sulla base delle situazioni pregresse e delle riforme in essere, il comparto previdenziale dei lavoratoti dipendenti ha dato all’INPS un attivo di 459 milioni di euro, che erano stati 4 miliardi e 564 milioni di euro nel 2009. (INPS, rendiconti generali 2010, pag 51.) Quindi, ancorché l’attivo sia dovuto al bilancio tra contributi dei lavoratori attivi e pensioni erogate (impropriamente per un sistema sostanzialmente assicurativo), il fondo previdenziale dei lavoratori dipendenti non pesava sui conti dello Stato e meno avrebbe comunque pesato in futuro.
A grandi linee e non crocefiggetemi se i numeri non sono esatti fino nei minimi dettagli, le grandi innovazioni sono:
- Età della pensione di vecchiaia a regime per gli uomini e per le donne. 67 anni con incrementi legati all’aspettativa di vita che potrebbero portare il limite verso i 70 anni. L’età di 67 anni dovrebbe conseguirsi tramite gli incrementi dovuti all’aspettativa di vita ma, ove ciò non avvenisse e cioè se l’aspettativa di vita non crescesse oppure addirittura scendesse, un comma prevede comunque l’incremento a 67 anni.
-Contributi minimi per la pensione anticipata a 42 anni e tre mesi per gli uomini, con età minima di 62 anni oppure con una penalizzazione dell’1 % per ogni anno di anticipo fino a i 60 anni e del 2% per ogni ulteriore anno al di sotto dei 60 anni. Le stesse regole varranno per le donne con la eccezione che la contribuzione minima è fissata in 41 anni e tre mesi a regime.
I cambiamenti, salvo un’eccezione per i nati nel 1952 che hanno avuto la grazia di uscire a 64 anni, sono in vigore istantaneamente, quindi, salvo futuri ripensamenti da parte di altri governi a venire, da oggi siamo il Paese europeo con il sistema pensionistico più restrittivo. Si dirà: siamo anche il Paese europeo con il debito pubblico più alto; vero e questa era una condizione necessaria per mettere mano al sistema, ma non sufficiente.
Non era sufficiente e infatti mancava qualche altra condizione fondamentale, ad esempio che il sistema previdenziale dei lavoratori dipendenti fosse uno degli elementi di indebitamento dello stato, cosa che non è. Nell’anno peggiore dell’INPS, il 2010, quando era largamente previsto che l’ente avrebbe avuto il picco negativo sulla base delle situazioni pregresse e delle riforme in essere, il comparto previdenziale dei lavoratoti dipendenti ha dato all’INPS un attivo di 459 milioni di euro, che erano stati 4 miliardi e 564 milioni di euro nel 2009. (INPS, rendiconti generali 2010, pag 51.) Quindi, ancorché l’attivo sia dovuto al bilancio tra contributi dei lavoratori attivi e pensioni erogate (impropriamente per un sistema sostanzialmente assicurativo), il fondo previdenziale dei lavoratori dipendenti non pesava sui conti dello Stato e meno avrebbe comunque pesato in futuro.
E mancava anche un’altra condizione per intervenire
così pesantemente e cioè quella che in assoluto le pensioni fossero così
ricche da costituire oltre che un boccone goloso, anche un’area nella quale si potesse attingere senza dolore; il dolore,
invece c’è, eccome. Si sono bloccate le indicizzazioni sopra a 1.400 €
lordi/mese cioè pensioni che hanno un netto tra 1000 e 1100 euro/mese;
roba da nababbi, in effetti. Un pensionato con un lordo di 2000 €/mese
pari a circa 1.500 €/netti con tre anni di inflazione oltre il 3%
perderà in termini reali circa 50 €/mese del suo netto ricchissimo,
trovandosi così in termini reali con una pensione di 1.450 €/mese netti.
E poi c’è il dolore di quelli che sono disoccupati e che per ora hanno avuto un biglietto della lotteria; se sono fortunati andranno in pensione in un tempo ragionevole; altrimenti aspetteranno anche fino a 4 anni. La data dell’estrazione non è certa e neppure quanti biglietti vincenti ci saranno; l’unica cosa certa è che l’Inps ha istruzione di non spendere più delle cifre assegnate per ogni anno; finite quelle, chi è fuori trovasse il modo di arrangiarsi.
Per ricapitolare: la riforma delle pensioni non è giustificata da motivi di contabilità del comparto previdenziale dei lavoratori dipendenti, né da ragioni di opportunità del prelievo alle grandi ricchezze; secondo me la materia non è stata trattata in base a una analisi di fattibilità e sostenibilità, di equiparazione ad altri sistemi europei, di messa in sicurezza del sistema (già sicuro) ma, invece, come un luogo dove fare cassa senza guardare troppo per il sottile, dato che i pensionati e coloro che sono ormai in età di pensione: non scioperano, non danno fuoco ai cassonetti per protesta, non fanno barricate e non tirano molotov, non possono fare serrate né mettere al riparo il loro unico bene, la pensione, portandosela alle Cayman.
E poi c’è il dolore di quelli che sono disoccupati e che per ora hanno avuto un biglietto della lotteria; se sono fortunati andranno in pensione in un tempo ragionevole; altrimenti aspetteranno anche fino a 4 anni. La data dell’estrazione non è certa e neppure quanti biglietti vincenti ci saranno; l’unica cosa certa è che l’Inps ha istruzione di non spendere più delle cifre assegnate per ogni anno; finite quelle, chi è fuori trovasse il modo di arrangiarsi.
Per ricapitolare: la riforma delle pensioni non è giustificata da motivi di contabilità del comparto previdenziale dei lavoratori dipendenti, né da ragioni di opportunità del prelievo alle grandi ricchezze; secondo me la materia non è stata trattata in base a una analisi di fattibilità e sostenibilità, di equiparazione ad altri sistemi europei, di messa in sicurezza del sistema (già sicuro) ma, invece, come un luogo dove fare cassa senza guardare troppo per il sottile, dato che i pensionati e coloro che sono ormai in età di pensione: non scioperano, non danno fuoco ai cassonetti per protesta, non fanno barricate e non tirano molotov, non possono fare serrate né mettere al riparo il loro unico bene, la pensione, portandosela alle Cayman.
Nessun commento:
Posta un commento