martedì 13 dicembre 2011

Da Torino a Firenze è razzismo, non follia

Il pogrom di Torino

Un pogrom. Diciamola la parola, per terribile che possa apparire. Quello di Torino è stato un pogrom in senso proprio, come quelli che avvenivano nella Russia ottocentesca. O nella Germania degli anni Trenta. Di quei riti crudeli ha tutti gli elementi, a cominciare dall’uso distruttivo del fuoco, per liberare la comunità dall’intruso considerato infetto (per “purificarla”, si dice). E poi l’occasione scatenante, trovata in un presunto – e falso – atto di violenza su una vittima per sua natura innocente (può essere il neonato “rubato”, come qualche anno fa a Ponticelli o, appunto, la “vergine” violentata). E lo stato di folla che s’inebria della propria furia vendicatrice, convinta di compiere un “atto di giustizia”.
Ora, che il mostro si sia materializzato, in questo dicembre del 2011, a Torino dovrebbe farci riflettere. Qui, nella ex “capitale operaia”. Nella città delle lotte del lavoro, dove è nata la nostra democrazia industriale. Né serve ripetere la stanca litania che Torino è un esempio di “integrazione e di accoglienza”. Che la maggioranza la pensa diversamente dalle poche decine di invasati che a colpi di fiaccola e di accendino ha tentato una strage. Non è così.
Se una ragazzina spaventata e (per questo) bugiarda ha evocato i “due zingari” per accreditare una violenza mai avvenuta, è perché ha pensato che quell’immagine rendesse credibile – in famiglia e nel quartiere – un racconto altrimenti improbabile. 
Se centinaia di persone sono scese in piazza in una fredda serata d’inverno per manifestare, non è purtroppo perché si trattava di una violenza sessuale (quante sono passate ignorate in questi anni!), ma perché i suoi presunti (e falsi) autori erano di un’etnia odiata a priori
Se le decine di incendiari hanno potuto agire sotto lo sguardo compiacente degli altri abitanti del quartiere, è perché mettevano in scena un comportamento condiviso.
La verità è che la “città dell’accoglienza” è oggi priva di anticorpi contro i nuovi mostri che emergono dalle sue viscere provate dalla crisi. 
Politica e informazione ne sono responsabili. Da anni ogni discussione in Consiglio comunale sui “campi nomadi” si apre e si chiude sempre e solo su un unico tema, gli sgomberi. E il quotidiano cittadino La Stampa ha dato notizia del fatto, poco prima che la sedicenne confessasse, sotto l’indecente titolo a quattro colonne: Mette in fuga i due rom che violentano la sorella. Perché i giovani balordi delle Vallette dovrebbero essere migliori dei loro amministratori e giornalisti? Perché gli abitanti sbrindellati, spaesati e logorati dai debiti e dalla disoccupazione, di questo che era, fino a tre decenni fa, il quartiere dormitorio dov’era stokkata la forza-lavoro di Mirafiori e del Lingotto, e dove ora si accumulano i detriti di una composizione sociale in disfacimento, dovrebbero essere più consapevoli, e “politicamente corretti”, delle loro élites?
Torino, da anni, si compiace della bellezza ritrovata del proprio centro, brillante e patinato. Del fascino delle proprie piazze-vetrine e delle dimore sabaude restaurate. Oggi scopriamo che quel centro geometrico e luccicante è un po’ come il volto intatto ed eternamente giovane di Dorian Gray – l’inquietante personaggio di Oscar Wilde -, mentre il suo ritratto, invecchiato e sfregiato, lo si può scorgere qua, nel quartiere di periferia dove si è scaricata tutta la carica di degrado e di bruttura accumulata in questi anni: lo sfarinamento della sua industria, l’erosione dei diritti sociali, l’impoverimento e la precarizzazione del lavoro, la crisi della socialità e della solidarietà. Tra il vuoto di diritti e di potere che si è aperto a Mirafiori, e questo pieno di rancore e di passioni funeste che si è condensato nel suo antico dormitorio, corre il filo nero di un’infausta profezia.
Auguriamoci che Torino non sia, ancora una volta, “laboratorio”. Che non anticipi i segni di un’involuzione antropologica mortale. Il lungo piano inclinato della crisi, via via più ripido, lascia intravvedere inediti scenari weimariani, minacce fino a ieri impensabili. Il conflitto sociale, rimosso ed esorcizzato al vertice, rischia di ricomparire al fondo della piramide sociale, con il volto sfregiato della “folla criminale”, del linciaggio e della ricerca feroce del capro espiatorio. Se la caduta dovesse accelerare, e la situazione precipitare, allora, con molta probabilità, il pogrom di Torino non resterebbe un fatto isolato.
Marco Revelli - il manifesto 

Firenze, estremista di destra uccide due senegalesi, poi si toglie la vita. Tre feriti gravi

Gianluca Casseri, frequentatore di casa Pound a Pistoia, ha fatto due vittime in piazza Dalmazia, e poche ore dopo altri due feriti in zona San Lorenzo. Sono tutti in condizioni critiche. Individuato dalla polizia in un parcheggio, l'assassino si è sparato in testa. Era uno scrittore di fantasy appassionato di Tolkien. Scontri tra polizia e immigrati in centro
 
Ha ucciso due senegalesi, ne ha feriti altri tre, poi si è sparato alla testa durante un conflitto a fuoco con la polizia, ed è morto poco dopo. E’ successo a Firenze, il protagonista è stato identificato come Gianluca Casseri, 50 anni, noto alla polizia come militante di estrema destra. I primi due senegalesi sono rimasti uccisi in piazza Dalmazia, nella periferia nord di Firenze, e un terzo è rimasto ferito. Nel pomeriggio, altri due venditori ambulanti sono stati raggiunti da colpi d’arma da fuoco nei pressi del mercato di San Lorenzo, in centro. I tre feriti sono in condizioni gravissime. L’autore del duplice agguato è stato poi individuato dalla polizia in un parcheggio interrato poco distante. A questo punto si è sparato alla testa con la sua 357 Magnum.
Membri della comunità senegalese, intanto, hanno dato vita a un corteo nella zona di piazza Dalmazia. Al corteo si registrano momenti di tensione. Quando i partecipanti al corteo hanno poi saputo che il killer si era sparato ed è morto, hanno chiesto di vederne il corpo per essere certi della notizia che veniva loro data. Nei pressi della stazione di Santa Maria Novella il corteo ha gettato a terra qualche motorino, cartelli stradali e cestini dei rifiuti. Un esponente della comunità, accompagnato dalla polizia, ha potuto verificare di persona la morte dell’omicida. Il corteo ha poi raggiunto la prefettura e un esponente storico della comunità, Pap Diaw, è stato ricevuto dal prefetto Paolo Padoin. In prefettura sono giunti anche il sindaco, Matteo Renzi, che ha annunciato il lutto cittadino, e il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi. Dopo l’incontro, però, sono scoppiati incidenti con cariche della polizia contro un gruppo di alcune decine di senegalesi, a cui si sono uniti alcuni antagonisti.
Secondo i testimoni, Casseri sarebbe arrivato in piazza Dalmazia con un’auto, sarebbe sceso e avrebbe sparato tre colpi di pistola contro altrettanti immigrati. Poi si sarebbe allontanato. Qualcuno avrebbe anche provato ad avvicinarsi per fermarlo, ma l’uomo avrebbe mostrato una pistola.
”L’ipotesi è che si sia suicidato quando ha visto la polizia che stava intervenendo”, afferma il procuratore della Repubblica di Firenze Giuseppe Quattrocchi all’uscita dal parcheggio sotterraneo dove si era rifugiato Gianluca Casseri. Il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Saltamacchia, Casseri si è sparato con un colpo alla gola che è fuoriuscito dalla testa. Un poliziotto, intervenuto nel parcheggio sotterraneo del mercato dove si era rifugiato, ha intimato l’alt sparando successivamente due colpi. Uno ha raggiunto l’auto e sul secondo colpo sono al lavoro gli investigatori.
All’ospedale di Santa Maria Nuova è stato operato un senegalese di 42 anni, colpito all’addome, mentre sono in corso gli accertamenti dei medici, tra cui una Tac, su un altro ferito, di 32 anni, colpito al torace e di cui potrebbe essere programmato un intervento chirurgico. Rimangono molto gravi anche le condizioni del primo senegalese, 37 anni, che invece è stato portato stamani al pronto soccorso di Careggi: anche lui è in prognosi riservata.
 
fonte: Il fatto quotidiano


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