Quattro
passi nel delirio. Anzi nell’incubo di un Paese che non teme il
grottesco e il ridicolo, che oppone facce di tolla o di bronzo a ogni
richiamo alla ragione, all’etica e in definitiva all’onestà del
discorso. Dopo 14 anni dai fatti di Genova, dopo aver sostanzialmente
fatto di tutto per minimizzare la sospensione di civiltà avvenuta
attorno al G8 e nascondere qualsiasi responsabilità della catena di
comando, ecco che il potere si cosparge il capo di cenere. La sentenza
della Corte europea per i diritti dell’uomo con la condanna esplicita
dei fatti della Diaz e delle facili assoluzioni o condanne marginali
avvenute grazie alla mancanza di una legge sulla tortura, ora spinge
qualcuno a chiedere le dimissioni di De Gennaro – all’epoca dei fatti
capo della polizia – dalla presidenza di Finmeccanica.
Ora è impossibile non vedere i tratti farseschi, strumentali, opachi
che sguazzano in questo tardivo “pentimento” di alcuni e nella difesa ad
oltranza della violenza di stato da parte della gentaglia
berlusconiana, non si può fare a meno di ammirare il grande indignato
Orfini, per la sua straordinaria capacità di ipocrisia: dopo che i dem
si sono tenuti senza fiatare de Gennaro come capo della Polizia per
altri 6 anni dopo i fatti di Genova, dopo averlo fatto capo di gabinetto
del ministero degli Interni con Prodi, dopo averlo spinto come
direttore del dipartimento delle informazioni per la sicurezza, dopo
averlo accolto come sottosegretario con delega alla sicurezza della
Repubblica sotto Monti, ora il voltagabbana multitasking del Pd ne
chiede le dimissioni da Finmeccanica simulando che vi sia ancora un
qualche sussulto di indignazione nel partito della nazione, una sorta di
contrazione automatica della rana di Galvani.
Intanto si dovrebbe spiegare al Paese a che titolo De Gennaro sia
finito a capo dell’ultima azienda pubblica rimasta: se in virtù di
capacità manageriali e imprenditoriali mai espresse prima, se
a ricompensa per il lavoro svolto e come garanzia di tutela per i suoi
grandi elettori, se per inconfessata natura della stessa Finmeccanica.
Poi ci si dovrebbe domandare seriamente come sia possibile che egli (
sempre in posizione di potere) sia stato prima assolto in relazione alle
vicende del G8, poi condannato in appello per istigazione alla falsa
testimonianza nei confronti dell’ex questore di Genova Francesco Colucci
e infine completamente scagionato “perché i fatti non sussistono”
mentre il medesimo Colucci è stato condannato per falsa testimonianza in
favore di De Gennaro.
Tutto questo restituisce un’immagine orribile del Paese totalmente in
mano a ristretti clan e camarille di potere, che di certo non viene
scalfita o riscattata dalle grida di dimissioni lanciate dai cuor di
leone del Parlamento: queste anzi suonano come l’ennesima beffa della
casta politica. La quale non ha mai prodotto una una legge contro la
tortura e anzi ne sta per discutere una dove ai buoni propositi fanno da
contraltare pessime pratiche da barocco pandettaro che di fatto
renderanno impossibile l’accertamento del reato, specie se questo
dovesse essere commesso da pubblici ufficiali.
Infine, ultimo tocco di questo universo dell’assurdo, mi preme notare
come i media dell’establishment di potere fanno pensare al povero
lettore che la Corte europea per diritti dell’uomo abbia a che fare con
la Ue e rinvii perciò a un ruolo benefico di Bruxelles che ci salva e ci
emenda dai nostri errori. Però la corte con c’entra nulla con le
istituzioni comunitarie, è un’emanazione del Consiglio d’Europa
organismo del tutto diverso, del quale fanno parte anche Paesi come la
Russia o la Turchia. Anzi la Ue in quanto tale non ha ancora firmato
la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali, sulla quale si basa la Corte, nonostante ne abbia
la possibilità fin dal 2009.
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