martedì 25 marzo 2014

LO SPOT TAFAZZIANO DELLA LISTA TSIPRAS (VERSIONE ITALIOTA) di Norberto Fragiacomo

Uno spot si aggira per la rete, e a noi militanti di sinistra non fa fare una gran bella figura.
Per la verità, nuoce anche al “prodotto” pubblicizzato, la lista L’Altra Europa con Tsipras – tanto che, in chi lo vede per la prima volta, suscita il dubbio che sia stato commissionato dalla concorrenza per ridicolizzare il movimento. Non è così, ci assicurano… d’altra parte, l’Italia è il Paese dei cialtroni, in politica e fuori.
Provo a riassumerlo, non prima di avervi invitato a dare un’occhiata al video (http://www.ilpost.it/2014/03/17/spot-elettorale-tsipras-europee/): un ragazzotto si lascia cadere sulla sedia di un bar, all’aperto, accanto alla sua bella. E’ sfinito: ha raccolto firme tutto il giorno, naturalmente per la lista Tsipras. Al tavolo siedono compagne e compagni di mezza età; risuona la domanda: “allora, ‘sta Lista Tsipras?”


“Va benissimo, un sacco di gente”, faremo questo, faremo quello, “niente partitini, abbiamo candidato un sacco di economisti in gamba” (e Brancaccio?)… ma gli amici non paiono convinti: a quello che sfoglia Il Fatto Quotidiano non piace il candidato locale, un altro - aria da guerrigliero - si lamenta del nome, e poi rincara: “non hanno candidato neppure uno della minoranza slovena!”. “E i gay!?”, insorge una terza. Non l’avesse mai detto: spuntano comunisti curdi, vegetariani e vegani, tutti vergognosamente esclusi dalle liste – e finisce gioiosamente in bagarre. A questo punto l’attivista, estenuato, si rivolge alla fidanzatina: “ma dobbiamo aspettare i nostri figli per far cambiare qualcosa?”. E lei, scuotendo il capo,: “se aspettiamo loro…” The end.
Cosa c’è che non va in questo commercial?
Tutto, direi. Per iniziare, consiglio agli autori di andare a lezioni di satira da Brian di Nazareth e dal Guzzanti nei panni di Bertinotti: lo spot ambisce ad essere ironico, ma è farsa grossolana.
Questo, però, è ancora il meno. Difficile, anzitutto, che a sinistra ci si accapigli per i diritti dei gay – che tutti sosteniamo con convinzione – o per i vegani, di cui giustamente non importa nulla a nessuno (ciascuno è libero di brucare l’erba che preferisce, purché non imponga a noi comuni onnivori di fare altrettanto): di solito ci si divide su questioni dottrinarie od interpretazioni storiche che, per quanto serie, non dovrebbero comunque impedirci di rivolgere l’attenzione al presente. Qualcuno ci ammoniva che il mondo va cambiato, non solamente interpretato, e converrebbe dargli retta. Indiferente: anche l’oggetto del contendere è marginale. Due riferimenti, però, attirano l’attenzione: quello alla minoranza slovena e il no ai “partitini”. Non mi sembrano affatto casuali: parlererei di velenose stilettate.
Sono argomento di discussione, gli sloveni, sulla scena politica nazionale? Di questi tempi, no di certo: tra l’altro, l’italiano medio li confonde volentieri con gli slovacchi e quando, per turismo, passa i valichi di Pese o Fernetti ha un’idea vaga di cosa lo attenda dall’altra parte. Slovenia, Croazia… boh, non si chiamava Yugoslavia?
Rispetto ad altre minoranze etniche della penisola, però, gli sloveni della Venezia Giulia hanno una caratteristica che li accomuna agli intoccabili germanofoni del Südtirol:sono autoctoni, abitano da più di mille anni la terra che è nostra e loro (sono menzionati nel Placito del Risano, 804 d.C.). Inoltre, hanno sempre avuto, nei decenni passati, una rappresentanza parlamentare – per merito non di una legge o del loro numero, bensì di quei “partitini” comunisti (leggi: PRC e PdCI) di cui il giovanotto dello spot si fa beffe. Una scelta, a mio modo di vedere, giusta e nobile, perché dà voce a una popolazione cui i fascisti, prima della guerra, vietarono persino di parlare. Chiamiamola risarcimento, se vogliamo, ma in fondo resta un ingrediente di quel mondo, per noi perduto, che aveva un nome: “democrazia”. Inutile rivangare persecuzioni, angherie, l’incendio del Balkan e la chiusura dei giornali sloveni: queste cose i triestini le sanno, e gli italiani – soprattutto quelli che si indignano per le foibe – avrebbero il dovere di conoscerle.
Perché dunque tanta attenzione (per di più malevola) nei confronti di un’etnia di cui i nostri connazionali ignorano o quasi l’esistenza? Tralasciando il fatto che una lista dichiaratamente transnazionale avrebbe tutto l’interesse, se non altro per fini propagandistici, a candidare l’esponente di una minoranza (e quindi la citazione derisoria è un autogol, che per di più a Trieste e Gorizia potrebbe costar caro), azzardo una spiegazione da bassa politica.
Gira voce che, dopo essere stato esclusi dalle liste elettorali de L’Altra Europa, i Comunisti Italiani, invece di rompere definitivamente, abbiano fatto una proposta: vi sosterremo e daremo una mano a raccogliere le firme, a patto che tra i candidati ve ne sia uno nostro, di nazionalità slovena. Uno solo: non proprio una pretesa scandalosa.
La risposta è stata un no sprezzante: al danno si sarebbe poi aggiunta la beffa del dileggio mediatico.
Vivissimi complimenti per la lungimiranza e lo stile dimostrati agli autoproclamati saggi – anzi, ai quattro su sei che restano, visto che Camilleri e Flores d’Arcais, alla prima divergenza, se ne sono andati offesi come quei bambini viziati che, sostituiti dopo aver sbagliato goal e passaggi, prendono sottobraccio il rispettivo spicchio di pallone e se lo riportano a casa.
Ma sloveni e partitini a parte, lo spot non funziona per un altro motivo: la coppietta di attivisti, alla fine, non riesce a far altro che recriminare sull’ottusità dei compagni. Di proposte concrete, sogni e obiettivi manco l’ombra: c’è solo l’abusato riferimento ai “nostri figli”, tanto caro ai liberisti d’ogni risma. Eppure, come notava assennatamente qualcuno, sarebbe bastato affidare al giovanotto una chiusa del tipo “ma tutte queste cose nel nostro programma ci sono, dalla parità di genere alla tutela dei diritti di tutte le minoranze” per far passare un messaggio positivo; invece questi geni della comunicazione – che si credono, senza esserlo, eredi dei Monty Piton – si accontentano di dirci: “siete fatti così, non cambierete mai”. Bravi motivatori, non c’è che dire…
Residua qualcosa di buono, qualcosa per cui valga la pena battersi? – in questa lista, intendo. Malgrado la falsa partenza, condita da presunzione e autolesionismo, direi di sì: l’idea di creare un fronte internazionale contro la dittatura capitalista planetaria, la volontà di costruire un’Europa che con l’aborto di Maastricht abbia in comune soltanto il nome.
Alle europee non saremo obbligati da una legge (né da Renzi) a votare a scatola chiusa: potremo scegliere il candidato cui dare fiducia. E’ un onore e un onere: ci obbligherà a spulciare le biografie, a soppesare le qualità e l’impegno dei singoli; a individuare, al di là dei proclami, chi – una volta eletto -
dia le migliori garanzie di condurre in Parlamento una battaglia di sinistra, e non sia banalmente alla ricerca di un posticino al sole o di un tesoretto da cedere a chi offre di più.
Nello spot, alla domanda “entrerete nella sinistra europea?” non viene fornita risposta. La risposta la do io, in luogo dello sfibrato attivista: sì, ci entreremo. Ma per essere certi che le cose vadano come devono abbiamo l’obbligo di votare i candidati giusti, e lasciare a bocca asciutta gli immancabili opportunisti.
Cosa mi auguro, per la fine di maggio? Che Grillo sconfigga la destra Renzi-Poletti-Padoan (la fermezza verso la UE è solo pubblicità elettorale), che la Lista Tsipras ottenga un buon risultato, che i suoi eletti siano di una sinistra senza sé e senza ma.


Che i saggi se ne tornino a firmare articoli come, con meno spocchia di loro, fa il sottoscritto.

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