Uno spot si aggira per la rete, e a
noi militanti di sinistra non fa fare una gran bella figura.
Per la verità, nuoce anche al
“prodotto” pubblicizzato, la lista L’Altra Europa con Tsipras – tanto che, in
chi lo vede per la prima volta, suscita il dubbio che sia stato commissionato
dalla concorrenza per ridicolizzare il movimento. Non è così, ci assicurano…
d’altra parte, l’Italia è il Paese dei cialtroni, in politica e fuori.
Provo a riassumerlo, non prima di
avervi invitato a dare un’occhiata al video (http://www.ilpost.it/2014/03/17/spot-elettorale-tsipras-europee/):
un ragazzotto si lascia cadere sulla sedia di un bar, all’aperto, accanto alla
sua bella. E’ sfinito: ha raccolto firme tutto il giorno, naturalmente per la
lista Tsipras. Al tavolo siedono compagne e compagni di mezza età; risuona la
domanda: “allora, ‘sta Lista Tsipras?”
“Va benissimo, un sacco di gente”,
faremo questo, faremo quello, “niente partitini, abbiamo candidato un sacco di economisti
in gamba” (e Brancaccio?)… ma gli amici non paiono convinti: a quello che
sfoglia Il Fatto Quotidiano non piace il candidato locale, un altro - aria da
guerrigliero - si lamenta del nome, e poi rincara: “non hanno candidato neppure
uno della minoranza slovena!”. “E i gay!?”, insorge una terza. Non l’avesse mai
detto: spuntano comunisti curdi, vegetariani e vegani, tutti vergognosamente
esclusi dalle liste – e finisce gioiosamente in bagarre. A questo punto
l’attivista, estenuato, si rivolge alla fidanzatina: “ma dobbiamo aspettare i
nostri figli per far cambiare qualcosa?”. E lei, scuotendo il capo,: “se
aspettiamo loro…” The end.
Cosa c’è che non va in questo
commercial?
Tutto, direi. Per iniziare,
consiglio agli autori di andare a lezioni di satira da Brian di Nazareth e dal
Guzzanti nei panni di Bertinotti: lo spot ambisce ad essere ironico, ma è farsa
grossolana.
Questo, però, è ancora il meno.
Difficile, anzitutto, che a sinistra ci si accapigli per i diritti dei gay –
che tutti sosteniamo con convinzione – o per i vegani, di cui giustamente non
importa nulla a nessuno (ciascuno è libero di brucare l’erba che preferisce,
purché non imponga a noi comuni onnivori di fare altrettanto): di solito ci si
divide su questioni dottrinarie od interpretazioni storiche che, per quanto
serie, non dovrebbero comunque impedirci di rivolgere l’attenzione al presente.
Qualcuno ci ammoniva che il mondo va cambiato, non solamente interpretato, e
converrebbe dargli retta. Indiferente: anche l’oggetto del contendere è
marginale. Due riferimenti, però, attirano l’attenzione: quello alla minoranza
slovena e il no ai “partitini”. Non mi sembrano affatto casuali: parlererei di
velenose stilettate.
Sono argomento di discussione, gli
sloveni, sulla scena politica nazionale? Di questi tempi, no di certo: tra
l’altro, l’italiano medio li confonde volentieri con gli slovacchi e quando,
per turismo, passa i valichi di Pese o Fernetti ha un’idea vaga di cosa lo
attenda dall’altra parte. Slovenia, Croazia… boh, non si chiamava Yugoslavia?
Rispetto ad altre minoranze etniche
della penisola, però, gli sloveni della Venezia Giulia hanno una caratteristica
che li accomuna agli intoccabili germanofoni del Südtirol:sono autoctoni, abitano da più di mille anni
la terra che è nostra e loro (sono menzionati nel Placito del Risano, 804
d.C.). Inoltre, hanno sempre avuto, nei decenni passati, una rappresentanza
parlamentare – per merito non di una legge o del loro numero, bensì di quei
“partitini” comunisti (leggi: PRC e PdCI) di cui il giovanotto dello spot si fa
beffe. Una scelta, a mio modo di vedere, giusta e nobile, perché dà voce a una
popolazione cui i fascisti, prima della guerra, vietarono persino di parlare.
Chiamiamola risarcimento, se vogliamo, ma in fondo resta un ingrediente di quel
mondo, per noi perduto, che aveva un nome: “democrazia”. Inutile rivangare
persecuzioni, angherie, l’incendio del Balkan e la chiusura dei giornali
sloveni: queste cose i triestini le sanno, e gli italiani – soprattutto quelli
che si indignano per le foibe – avrebbero il dovere di conoscerle.
Perché dunque tanta attenzione (per
di più malevola) nei confronti di un’etnia di cui i nostri connazionali ignorano
o quasi l’esistenza? Tralasciando il fatto che una lista dichiaratamente
transnazionale avrebbe tutto l’interesse, se non altro per fini
propagandistici, a candidare l’esponente di una minoranza (e quindi la
citazione derisoria è un autogol, che per di più a Trieste e Gorizia potrebbe
costar caro), azzardo una spiegazione da bassa politica.
Gira voce che, dopo essere stato
esclusi dalle liste elettorali de L’Altra Europa, i Comunisti Italiani, invece
di rompere definitivamente, abbiano fatto una proposta: vi sosterremo e daremo
una mano a raccogliere le firme, a patto che tra i candidati ve ne sia uno
nostro, di nazionalità slovena. Uno solo: non proprio una pretesa scandalosa.
La risposta è stata un no
sprezzante: al danno si sarebbe poi aggiunta la beffa del dileggio mediatico.
Vivissimi complimenti per la
lungimiranza e lo stile dimostrati agli autoproclamati saggi – anzi, ai quattro
su sei che restano, visto che Camilleri e Flores d’Arcais, alla prima
divergenza, se ne sono andati offesi come quei bambini viziati che, sostituiti
dopo aver sbagliato goal e passaggi, prendono sottobraccio il rispettivo
spicchio di pallone e se lo riportano a casa.
Ma sloveni e partitini a parte, lo
spot non funziona per un altro motivo: la coppietta di attivisti, alla fine,
non riesce a far altro che recriminare sull’ottusità dei compagni. Di proposte
concrete, sogni e obiettivi manco l’ombra: c’è solo l’abusato riferimento ai
“nostri figli”, tanto caro ai liberisti d’ogni risma. Eppure, come notava
assennatamente qualcuno, sarebbe bastato affidare al giovanotto una chiusa del
tipo “ma tutte queste cose nel nostro programma ci sono, dalla parità di genere
alla tutela dei diritti di tutte le minoranze” per far passare un messaggio
positivo; invece questi geni della comunicazione – che si credono, senza
esserlo, eredi dei Monty Piton – si accontentano di dirci: “siete fatti così,
non cambierete mai”. Bravi motivatori, non c’è che dire…
Residua qualcosa di buono, qualcosa
per cui valga la pena battersi? – in questa lista, intendo. Malgrado la falsa
partenza, condita da presunzione e autolesionismo, direi di sì: l’idea di
creare un fronte internazionale contro la dittatura capitalista planetaria, la
volontà di costruire un’Europa che con l’aborto di Maastricht abbia in comune
soltanto il nome.
Alle europee non saremo obbligati da
una legge (né da Renzi) a votare a scatola chiusa: potremo scegliere il
candidato cui dare fiducia. E’ un onore e un onere: ci obbligherà a spulciare le
biografie, a soppesare le qualità e l’impegno dei singoli; a individuare, al di
là dei proclami, chi – una volta eletto -
dia
le migliori garanzie di condurre in Parlamento una battaglia di sinistra, e non
sia banalmente alla ricerca di un posticino al sole o di un tesoretto da cedere
a chi offre di più.
Nello spot, alla domanda “entrerete
nella sinistra europea?” non viene fornita risposta. La risposta la do io, in
luogo dello sfibrato attivista: sì, ci entreremo. Ma per essere certi che le
cose vadano come devono abbiamo l’obbligo di votare i candidati giusti, e
lasciare a bocca asciutta gli immancabili opportunisti.
Cosa mi auguro, per la fine di maggio?
Che Grillo sconfigga la destra Renzi-Poletti-Padoan (la fermezza verso la UE è
solo pubblicità elettorale), che la Lista Tsipras ottenga un buon risultato,
che i suoi eletti siano di una sinistra senza sé e senza ma.
Che i saggi se ne tornino a firmare
articoli come, con meno spocchia di loro, fa il sottoscritto.
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