Casa Bianca. Sei domande a Barack Obama. Non solo l’Ucraina, anche il costo degli F35, le atomiche italiane, la guerra delle sanzioni
Signor
Presidente, Lei ha ripetuto che la crisi ucraina non è la
riedizione della «guerra fredda», per trarne la conclusione che
allora c’erano due blocchi contrapposti ora invece Putin è isolato.
Se non è più la guerra fredda, dal crollo del Muro di Berlino nell’89
e dalla fine dell’Urss nel dicembre 1991, perché gli Stati uniti
insieme agli altri alleati atlantici europei, hanno attivamente
lanciato la strategia dell’allargamento della Nato a Est? Inglobando
così tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia, esclusa la Russia,
nell’Alleanza atlantica prima nemica, proprio mentre il patto di
Varsavia, anello di sicurezza militare dell’ex Unione sovietica
invece si scioglieva? È credibile o no che questa strategia di
allargamento della Nato a Est, con relativi sistemi d’arma, basi
militari, Scudo antimissile, rivisitazione dei bilanci statali in
funzione di una accresciuta e tecnologica spesa militare, sia
stato interpretata da Mosca come espansione aggressiva? Era davvero
necessario portare le forze della Nato a ridosso delle frontiere
russe, anche con l’Ucraina inserita nel partenariato atlantico,
tanto da scatenare la risposta corrispettiva in Crimea, dove
storicamente ha sede la Flotta russa del Mar Nero?
Signor Presidente, Lei ha insistito
su un concetto che ci è caro: «Kiev non deve scegliere tra est
e ovest». Parole sacrosante. Ma allora come giudica il fatto che
l’Unione europea ha insistito prima per offrire il trattato di
associazione — non l’adesione, quindi poca cosa rispetto alle urgenze
economiche ucraine — pretendendo comunque che Kiev rompesse con
la Comunità degli Stati indipendenti legata a Mosca e con la
rispettiva unione doganale. Non è forse questa una costrizione
a scegliere tra est e ovest? E l’aver incitato come ha fatto il
Segretario di Stato John Kerry in piazza Majdan, una rivolta, certo
anche contro la corruzione ma dal forte carattere nazionalista,
anche di destra estrema, e sicuramente antirussa:, non è stato un
altra forzatura perché quel Paese scegliesse tra est e ovest?
Signor Presidente, l’ambasciatore
degli Stati uniti in Italia con gesto significativo ha raggiunto in
questi giorni il complesso di montaggio di Cameri che mette insieme
i pezzi dei caccia F35 che arrivano «generosamente» dalla
multinazionale americana Lockheed Martin. Lei ha dichiarato: «A
volte l’azione militare è giustificata». Ma l’F35 non è uno
strumento di difesa, ma di first strike, cioè da primo
attacco, armato anche con testate atomiche: cioè strumento d’offesa,
di guerra dichiarata. Inoltre il Pentagono stesso avverte sui troppi
difetti del cacciabombardiere. Visto l’altissimo costo per lo Stato
italiano, impegnato ora in una spending rewieu che minaccia
occupazione e welfare, può spiegare perché mai dovremmo
acquistarli, spendendo cifre colossali di miliardi di euro? Lei ha
affermato che «la libertà non è gratis». Ma chi attenta alla libertà
occidentale se non esiste più un sistema antagonista come i paesi
socialisti organizzati in blocco, dove regnano gli stessi valori del
mercato e della democrazia rappresentativa, ma esistono sistemi
economici assai competitivi con i nostri (come per la Russia)?
O è forse la Cina dirigista e iper-capitalista a metter in pericolo
la libertà di mercato occidentale?
Signor Presidente, il vertice di
questi giorni all’Aja delle potenze atomiche è tornato sulla
«sicurezza nucleare» in Europa. Il Parlamento europeo nel 2004 ha
votato alla quasi unanimità un documento che chiede agli Stati uniti
di ritirare dall’Europa le circa 200 testate atomiche Usa
disseminate nel Vecchio continente, 70 delle quali conservate
anche in Italia a Ghedi e Aviano (chissà se Renzi lo sa?!). Per la
sicurezza italiana le chiediamo: quanto tempo dovrà passare perché
ritiriate dal nostro territorio nazionale queste armi micidiali
che contribuiscono tra l’altro a militarizzare il territorio,
trasformandolo in target delle atomiche «nemiche»?
Signor Presidente, non crede che
l’allarme sull’Ucraina lanciato proprio dalla Casa bianca: «È violato
il diritto internazionale» venga da un pulpito piuttosto
squalificato, cioè da parte di un’Amministrazione come quella
statunitense in guerra e occupante di altri paesi (Iraq,
Afghanistan, Libia, se lo ricorda l’11 settembre del 2012
a Bengasi?); che inoltre ha un lager fuorilegge a Guantanamo (a
Cuba, in un altro Paese); che continua ogni giorno la guerra dei droni
in Afghanistan e Pakistan che uccide migliaia di civili da «effetti
collaterali». E che, dopo le promesse del suo discorso del 2009 al
Cairo, lascia la questione palestinese nel silenzio e nel sangue:
una ferita al diritto internazionale, con ben due Risoluzioni
dell’Onu da più di 40 anni chiedono a Israele di ritirarsi dai
Territori occupati, mentre invece si espandono gli insediamenti
dei coloni ebraici? Che resta di questa voglia americana di
esportazione democrazia e libertà nel mondo con la distruzione
della guerra? Anche perché il ruolo dell’agenzia d’intelligence Usa Nsa
verso la leadership europea, denunciato dal caso Snowden, è o no
un segnale di non rispetto della libertà altrui?
Signor Presidente, non crede che
l’Unione europea, per le necessità della sua economia e per gli
approvvigionamenti di energia, nonché per la sua autonomia
politica — visto che esiste solo come moneta e alleanza militare Nato
— non abbia assolutamente bisogno della guerra di sanzioni alla
Russia che Washington sta innescando, anche per suo tornaconto,
perché così può ristabilire un nuovo rapporto di dipendenza con il
Vecchio continente a partire proprio dalla fornitura di energia?
Quanto alla Nato, se c’è bisogno di difesa in Unione europea, non
dovrebbe essere «europea»? L’Alleanza atlantica, per statuto
è comandata da un generale americano. Un’Unione europea che,
dentro la crisi che ci attanaglia, tagli comunque la crescita della
spesa militare per aprire invece «granai e diplomazia di pace».
Renzi (accanto a Lei), che cita a ogni pie’ sospinto, il fiorentino
Giorgio La Pira — che pacifista lo era davvero — dovrebbe essere
d’accordo. O no?
Tommaso Di Francesco - il manifesto
Nessun commento:
Posta un commento