Il
95 % della popolazione di Crimea ha detto sì all’annessione alla
Russia, cosa del tutto scontata per chi solo avesse una vaga cognizione
della storia di questa terra e risultato plebiscitario che certo non può
essere messo in forse nella sua sostanza, dai timori indotti riguardo
alle pressioni che potrebbero essere essere state esercitate. La
situazione è questa, molto semplice e anche eloquente per i destini
della democrazia, dell’Europa e dell’occidente stesso, ormai in mano ai
burattinai del pensiero unico e dei loro interessi: si è costretti
persino a provare simpatia per Putin e il sistema autocratico russo. Il
fatto che Washington e Bruxelles – quest’ultima senza averne sostanziale
mandato – abbiano dichiarato illegale il referendum in Crimea e si
preparino a inutili sanzioni, visto che già 105 miliardi di dollari
russi sono tornati in patria, che l’economia del Paese forte di immense
quantità di materie prime non si spaventa certo di fronte ai giochini di
borsa che tanto angustiano i detentori di denaro creato dal denaro, è
frutto di una ipocrisia intollerabile e lesiva degli stessi principi
democratici che vengono grottescamente agitati.
Non mi stupiscono tanto gli errori grossolani del premio nobel per la
pace che ha trascinato la Ue nell’organizzazione di un colpo di stato
attuato grazie a milizie nazifasciste, al solo scopo di estendere il
proprio sistema militare, mi stupisce che si dichiari illegale un
referendum popolare, quando la Crimea è formalmente una repubblica
autonoma, ha rifiutato fin dal 1954 la sua aggregazione all’Ucraina
voluta da Kruscev ( vedi nota*) dando vita alle prime manifestazioni
antigovernative dal tempo si Stalin, quando il governo golpista come suo
primo atto ha cancellato i diritti delle minoranze compresa la russa
che è vicinna al 30%,e maggioranza in molte regioni, quando, tanto per
dirne una, l’eurodeputato Charalambos Angurakis, si è fatto portavoce
della volontà della comunità greca in Ucraina, concentrata attorno alla
città di Mariupol di trasferirsi in Crimea per paura dei fascisti di
Kiev. La posizione occidentale è così chiaramente strumentale che di per
sé costituisce un danno e mostra come la parola democrazia sia ormai
niente più che un pretesto, una panacea per qualsiasi avventura, una
abracadabra imperiale.
Il problema però non è constatare come ancora una volta ci troviamo
di fronte a un gioco americano, condotto in questo caso con incredibile
superficialità, sicumera e dilettantismo di intelligence, ma come sia
potuto accadere che la Ue abbia tenuto bordone a questo disegno,
fornendone il pretesto, l’appoggio morale (si fa per dire) e per certi
versi anche la logistica. Chi, quando, dove, con quale mandato ha deciso
che la Ue dovesse cacciarsi in un confronto geopolitico con la Russia
cosa che è intrinsecamente contraria ai propri interessi sia di lungo
che di breve periodo? Per giunta dentro modalità e fini che sono
l’esatto contrario dei presunti valori fondativi dell’Unione? Non mi si
venga a dire che sia stata la baronessa Ashton, commissario agli esteri,
tra una corsa di cavalli e un pic nic. Non è una questione da poco,
perché anche in vista del prossimo trattato transatlantico, destinato a
scardinare definitivamente il modello sociale europeo, occorrerebbe
capire se esiste una differenza apprezzabile tra Ue e Nato o se
Bruxelles, dentro la sua farraginosa governance di cartapesta, adatta
semmai al vecchio Mec, non si sia trasformata in una sorta di appendice
americana destinata a fare non i propri interessi, ma quelli di
Washington.
Quanto sia sensato spingere Russia e Cina ad un’alleanza di necessità
o fare in modo da favorire una maggiore concertazione dei Brics, forse
ce lo potranno spiegare la Ashton o Barroso o il bilderghino Van Rompuy
così appassionato di ornitologia da guardarsi continuamente allo
specchio o uno qualunque di quei cazzi buffi e tristi rimasugli di
politica che costituiscono ufficialmente la governance europea. Ma certo
poi non ci si può lamentare se Ipsos Europa registra che il 68% dei
cittadini è ormai fortemente contrario alle politiche continentali (il
77% in Italia e Olanda, il 75 in Spagna e Francia, il 61 in Germania,
l’80 in Austria). O se in Ucraina la maggior parte della popolazione non
ne può più del filo europeismo con annesso annuncio di massacri sociali
e dei nazi che lo difendono, tanto che le stesse forze di polizia ormai
non fanno più eccessiva resistenza alle manifestazioni anti Kiev.
Parliamo di Ucraina e di Crimea, ma sotto sotto, in altre forme stiamo
parlando di noi.
*L’oblast di Crimea venne trasferito nel 1954 dalla repubblica russa a
quella ucraina per celebrare il 300° anniversario del trattato di
Perejaslav tra i cosacchi ucraini e i russi.
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