Il Prc della Lombardia aveva denunciato da anni cosa stava succedendo nel grande affaire dell’Expo.Già
da allora, ovvero nel primo decennio del 2000, la Lombardia risultò
essere quarta per densità mafiosa. Raccogliemmo tutto il materiale in un
libro che chiamammo “Mafia del nord”. Era una ricerca puntigliosa sulle
indagini e sul groviglio di interessi tra edilizia e finanza. C’era la
presenza di varie organizzazioni criminali, in particolar modo delle
‘Ndrine’. Allora si iniziava a parlare di Expo e fu uno dei temi che
sollevammo sia nell'amministrazione Penati dove avevamo tre assessori.
Eravamo presenti anche nel Consiglio regionale con Luciano Muhlbauer e
Mario Agostinelli. E lì ci rendemmo conto che non vi erano garanzie per
il contrasto della penetrazione criminale. Ponemmo il problema e per
tutta risposta registrammo un rigetto da parte di Formigoni
innanzitutto, e anche del Partito democratico. Vari i legami, non solo
tra questi settori politici ma, attraverso Penati, con la Provincia di
Milano, anche amministrativi. E poi il filo rosso che si dipanava tra
Lega delle coop e Comunione e liberazione. Una grande coalizione del
mattone che sfuggiva a un controllo serio anche delle opposizioni
formali.
Fece rumore il vostro libro-inchiesta?
Il libro rappresentò un sasso nello stagno perché parlare di mafie del nord era considerato rivoluzionario. Ci furono reazioni sdegnate da parte della Lega, e Formigoni parlò di massima attenzione su trasparenza e rispetto delle regole. Alla fine di una discussione nel Prc, con il libro sostenemmo attivamente il Comitato no Expo che è quello che poi ha sviluppato l'iniziativa di controllo sugli appalti e sulla politica di Formigoni, fino a Infrastrutture lombarde li cui capo è stato arrestato e sostituito,però, con il suo braccio destro. Il messaggio è, appunto, i lavori non si devono fermare.
Il libro rappresentò un sasso nello stagno perché parlare di mafie del nord era considerato rivoluzionario. Ci furono reazioni sdegnate da parte della Lega, e Formigoni parlò di massima attenzione su trasparenza e rispetto delle regole. Alla fine di una discussione nel Prc, con il libro sostenemmo attivamente il Comitato no Expo che è quello che poi ha sviluppato l'iniziativa di controllo sugli appalti e sulla politica di Formigoni, fino a Infrastrutture lombarde li cui capo è stato arrestato e sostituito,però, con il suo braccio destro. Il messaggio è, appunto, i lavori non si devono fermare.
Ecco, questo slogan “i lavori non si devono fermare” sembra però condiviso e sostenuto da Roma…Allora
tutti lavorarono attivamente per sottrarre l'Expo alla Turchia. Ci
furono dei festeggiamenti quando l'Italia riuscì ad ottenere il consenso
di diversi paesi. E l’allora presidente del Consiglio, Prodi, fu
certamente una parte attiva. Poi quando il filone cominciò a prendere
corpo si diffuse un senso di impunità. Sembravano gli intoccabili dietro
la retorica della locomotiva d'Italia. E anche per una assenza di
opposizione reale, con Ds e Margherita in Provincia che di fatto
costruivano le basi di una alleanza politica molto nella. Devo
sottolineare che nel 2009 pagammo questa opposizione perché Penati che
venne scelto come candidato presidente alla Regione Lombardia pose il
veto su di noi. Ora si capisce perché, chiaramente. Sicuramente vi era
un accordo politico a non sollevare questi temi nel dibattito pubblico.
L'Expo avrebbe portato ricchezza a tutti i livelli. E quindi ce ne era
per tutti.
Un disastro, da un punto di vista urbanistico.I
piani di Albertini e Moratti basati su un grande consumo di territorio
invece della riqualificazione dell'esistente, vista anche la fase
economica post industriale. La ristrutturazione intorno alla stazione
Garibaldi è indicativa. Lì sono stati edificati dei veri e propri mostri
nel deserto rimasti vuoti. La fiera di Rho è recentissima e
ciononostante si è invece varata una variante al piano regolatore di
forte impatto. Poi l'Expo serviva anche per la nuova rete di autostrade e
la Lombardia che è una delle regioni più inquinate lo sarà ancora di
più. Il modello lombardo è stato stravolto dal just in time in cui non
si fa più magazzino e tutto viene riversato su strada.
Oggi Renzi sembra cavalcare un po’ la stessa tipologia diintervento, la crescita a spot.L'Italia
non ci fa una bella figura sull’intreccio tra grandi opere e
criminalità. Anche perché i campanelli d'allarme c'erano tutti. Renzi
sposa l'idea della velocità e tutto ciò che ostacola questo lavorìo,
basato molto sull’immagine, è un problema. La sua lotta contro la
burocrazia è in realtà la lotta contro le norme che impediscono la
depredazione dei territori attraverso la trasparenza delle procedure. E'
una visione iperliberista che fa del territorio un luogo di conquista.
Sicuramente Renzi si sta coportando come l'uomo della velocità e come
l'uomo degli annunci. Un qualsiasi altro governo avrebbe rallentato
sull'Expo, in presenza dell’evidenza dei risultati delle indagini, e
invece qui si continua ad andare avanti nella stesa direzione con
l’accordo tra governo nazionale e presidenza Maroni. Un incrocio di
interessi, rispetto alle forme di controllo della magistratura, tra
Renzi e Berluscopni.
In questo ordine di idee c’è la proposta del G8 a Firenze nel 2017.Renzi
dimentica con una certa leggerezza che non solo il G8 in Italia è
carico di simboli negativi ma che proprio nella fortezza Da Basso di
Firenze dove vorrebbe tenere il vertice nel 2017 ci fu un grande
movimento altermondista che mosse i suoi primi passi in Italia e segnò
proprio a Firenze un momento molto netto. La verità è molto più terra
terra delle roboanti parole dell'ex sindaco di Firenze, ovvero il
sostegno a Nardella, candidato debole del Pd nella corsa a diventare
primo cittadino di Firenze alle prossime amministrative. Nardella ha già
formato un comitato. E' chiaro che il movimento stesso deve alzare la
voce per far tornare Renzi sui suoi passi. Tra l'altro se tutto va per
il verso giusto abbiamo un fronte molto ampio, che si misurererà alle
amministrative, alternativo a quello della maggioranza tenuta dal Pd.
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