lunedì 17 marzo 2014

F35, il gioco delle tre carte della ministra della guerra Pinotti

La denuncia di Fabio Amato, candidato della Lista Tsipras: le uniche buoni azioni della ex scout sono a favore dell'apparato militar-industriale

di Checchino Antonini, http://popoff.globalist.it

«Fumo negli occhi, privo di qualsiasi atto concreto che vada verso la riduzione degli F35 ordinati dall'Italia». Non usa giri di parole Fabio Amato, candidato per il collegio Centro nella lista L'Altra Europa con Tsipras, per bollare come «propagandistiche e strumentali» le dichiarazioni della Ministro della Difesa sul programma dei cacciabombardieri F35. «All'uso disinvolto della macchina governativa per le elezioni europee dovremo abituarci - prosegue Amato - ma quello che è intollerabile è il tentativo di prendere in giro l'opinione pubblica dandogli in pasto informazioni che si sono già rivelate fallaci. Il governo infatti non taglia un bel niente, perché trovandosi davanti ad un programma di acquisizione ventennale promette che taglierà gli ultimi ma intanto compra i primi. Si tratta del gioco delle tre carte, ma i dati concreti dicono che l'Italia sta andando a tutta birra per l'acquisizione di uno strumento di guerra di cui non abbiamo bisogno».

«Che la Pinotti menta - conclude l'esponente della lista Tsipras - lo si deduce infine anche dall'annuncio del taglio di 40mila militari dalla pianta organica della difesa dai quali ci sarebbe un risparmio di 3 mld di euro. Quello che omette la Ministro infatti è che quel taglio è già legge (la n.244 del 2012) e che i risparmi ricavati non andranno alle politiche di occupazione ma rimarranno nelle casse della Difesa per l'acquisto di nuovi sistemi d'arma. Nessuna "svoltabuona" pacifista del governo Renzi dunque ma, fino a prova contraria, si tratta di una minestra riscaldata già propinata sulla stampa dai passati ministri della difesa».

E le caserme dismesse saranno il volano per ulteriori stravolgimenti urbanistici delle nostre città a uso e consumo della speculazione. Ma intanto, per tutta la domenica i siti mainstream hanno dato parecchio risalto alle dichiarazioni della ministra della Guerra, in visita in India per la nota vicenda dei due marò assassini di pescatori che il governo italiano vorrebbe sottrarre alla giustizia di quel paese, che aveva sussurrato alle agenzie che «è lecito pensare» a una riduzione degli F-35, e che saranno chiuse 385 caserme con la creazione di una task force per gestirne la vendita. E' la spending review, l'austerità, l'altra faccia della guerra, quella che si svolge sul fronte interno con massicce iniezioni di repressione, privatizzazioni e propaganda come quella che si sono prestati a svolgere i soliti grandi giornali.

La cura dimagrante delle forze armate è stata già avviata dal precedente governo e i "nostri" ragazzi in divisa da 190mila scenderanno a 150mila da qui al 2024. E il personale civile da 30 a 20mila unità. Saranno chiuse 385 caserme e presidi militari spesso situati in aree pregiate delle città. Quanto al piano F-35 è un progetto da 14,3 miliardi di euro in 15 anni per l'acquisto di 90 caccia: 60 a decollo convenzionale (costo medio 74 milioni di euro l'uno) e 30 a decollo verticale (88 milioni di euro l'uno), parte dei quali (una ventina) da impiegare sulla portaerei Cavour.

Negli ambienti militari la "generalessa" renziana si è guadagnata l'appellativo di Lady di ferro, per «la sua determinazione nel portare avanti una chiara visione della Difesa», come scrive la rappresentanza dei Carabinieri del Cocer su pianetaecobar.eu. All'indomani della sua nomina, Popoff ha tracciato un ritratto della ministra che non concede spazio a fantasie pacifiste da parte di questa ex scout genovese che, negli anni, ha deciso che le uniche buone azioni della politica vadano fatte a vantaggio dell'apparato militare industriale. Con buona pace di Baden Powell.

Così, mentre la ministra vola a Berlino alla ricerca di appoggi per la questione marò, il suo sottosegretario Rossi è andato stamattina a deporre, al Pantheon, sulla tomba di Vittorio Emanuele II, una corona d'alloro, con nastro tricolore, in occasione della Giornata dell'Unità nazionale, della Costituzione, dell'Inno e della Bandiera. Vittorio Emanuele II, come ogni "padre della patria" che si rispetti, spedì i bersaglieri a reprimere la rivolta della repubblica di Genova che non voleva diventare una proprietà di Casa Savoia. I bersaglieri fecero cinquecento vittime tra la popolazione civile, una loro "tradizione" che ancora rispettano perfino a Nassiriya e zone limitrofe. Il re, piuttosto compiaciuto per quel bagno di sangue scrisse una lettera d'elogio al La Marmora definendo i rivoltosi «vile e infetta razza di canaglie». Sembra di sentire il Pd di oggidì quando tuona contro i valsusini.

Spending review, nazionalismo, retorica e guerra: riuscirà la Lista Tsipras a fabbricare un antidoto?

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