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Oggi saremo in piazza a Roma contro Obama. Non è un fatto rituale ma la presa d’atto che la strategia di Washington, lungi dal puntare alla distensione internazionale e alla pace affermate a parole, è finalizzata alla ricostruzione di un nuovo mondo bipolare basato su un nuovo equilibrio del terroreDico questo perché:
1) Negli anni scorsi l’amministrazione Obama ha abbandonato la strategia di Bush che aveva portato all’invasione dell’Afganistan e dell’Iraq da parte dell’esercito statunitense. Questa strategia è stata sostituita con una strategia tesa a provocare la guerra civile – a partire da contraddizioni esistenti – in quei paesi ritenuti nemici degli Usa. E’ quanto è avvenuto in Libia, in Siria ed in Ucraina. E’ quando sta avvenendo in Venezuela. In Libia oggi vi è una guerra per bande che ha riportato il paese al medioevo ma non è più un paese “nemico”. In Siria la guerra civile foraggiata dai regimi amici degli Usa sta portando il paese alla rovina. In Venezuela l’opposizione al legittimo governo democraticamente eletto e al legittimo e democraticamente eletto presidente Maduro, sta alzando il livello militare dello scontro e cercando di portare nel paese la guerra civile. In Ucraina, l’appoggio alla rivolta di Kiev ha portato ad un cambio di regime e dato vita ad un governo filo occidentale in cui i neonazisti hanno ministri e grande potere.
2) In questi ultimi due anni gli Usa stanno premendo pesantemente per dar vita a due zone di libero scambio, uno nell’area del Pacifico (unico paese non coinvolto la Cina) e uno nell’area atlantica (il Transatlantic Trade and Investiment Partnership su cui ho fatto due post su ilfattoquotidiano.it in data 19 e 24 luglio 2013).
3) Nella vicenda dell’Ucraina, l’annessione della Crimea da parte della Russia è stata utilizzata come scusa per attuare sanzioni nei confronti della Russia, per annettere l’Ucraina alla Ue e per firmare con l’Europa un accordo sulla fornitura di gas naturale da parte degli Usa con la prospettiva di sostituire le forniture di gas russo. A tal fine negli Usa si sta potenziando enormemente l’estrazione di shale gas nel proprio paese, dando vita ad un vero disastro ambientale.
Su questa vicenda è bene sottolineare tre elementi. Il primo è che la Crimea, oltre ad essere abitata da una popolazione prevalentemente Russa, era territorio russo fino al ’54, quando Kruscev la donò all’Ucraina nell’ambito della disciolta Urss. In secondo luogo che l’indipendenza della Crimea è sul piano del diritto internazionale certo meno problematica dell’indipendenza del Kossovo, riconosciuta e sollecitata da Unione Europea e Stati Uniti. In terzo luogo è del tutto evidente che la Russia se non sarà posta nelle condizioni di vendere il proprio gas all’Europa, lo venderà a qualcun altro e nello specifico alla Cina che di quel gas e di quel petrolio ha un enorme bisogno. L’operazione statunitense sull’Ucraina ha quindi l’obiettivo chiaro di costruire un muro tra Russia ed Europa e di legare ulteriormente l’Europa al proprio carro.
Il risultato di questa strategia è abbastanza chiaro: determinare una uscita dalla crisi della globalizzazione in termini di rinnovata egemonia degli Usa sul complesso dei paesi cosiddetti occidentali – e non solo – in aperta contrapposizione alla Russia e alla Cina. Il tentativo degli Usa è cioè quello di ricostruire artificialmente un bipolarismo sul piano mondiale che porta con se un fortissimo rischio di guerra con gli effetti che tutti noi possiamo facilmente capire. Abbiamo evitato l’apocalisse nucleare nella fase della guerra fredda, gli Usa la stanno riportando all’attualità per il prossimo periodo.
Noi ci battiamo per una prospettiva diversa: pensiamo che il mondo non debba essere unipolare o bipolare ma multipolare. Pensiamo che un mondo multipolare sia maggiormente al riparo dalle guerre, maggiormente aperto ad una prospettiva di cooperazione e maggiormente permeabile alle istanze della democrazia e della giustizia sociale in ogni singolo paese.
Per questo ci battiamo affinché l’Europa sia indipendente dagli Usa e abbia nel rapporto con la Russia e con il Mediterraneo un punto fondamentale del suo posizionamento geopolitico. Noi siamo contro una Europa Atlantica e favore ad una Europa che esca dalla Nato e che faccia del suo rapporto con la Russia e con i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, della neutralità e della cooperazione, il punto cardine della sua esistenza.
Per questo a partire dalla lotta al liberismo vogliamo rimettere a tema lo sviluppo del welfare, della riduzione dell’orario di lavoro, della democrazia, della riconversione ambientale e sociale dell’economia così come della neutralità e della pace. Per questo ci battiamo con la lista Tsipras contro questa Unione Europea in nome di un’altra Europa e non per il ritorno ad un impotente nazionalismo. La grande proletaria si è già mossa una volta e non è andate distante.
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