giovedì 27 marzo 2014

Renzi e la svendita elettorale di Norma Rangeri, Il Manifesto


5c2e4ceaf14097710f136bcc3b017cf1«Ven­ghino signori ven­ghino», a poco prezzo sono all’asta le auto blu (quelle che con un litro di ben­zina per­cor­rono una fer­mata di auto­bus, imper­di­bile acqui­sto per il cas­sin­te­grato). Altri­menti è di grande con­so­la­zione il pacchetto-Senato «gra­tis», e comun­que, ultima offerta di gior­nata, le mori­ture pro­vince con­tri­bui­ranno con il loro sacri­fi­cio a met­tere «nelle tasche degli ita­liani 80 euro» (sem­pre cita­zione ren­ziana). Poco importa se allo scopo occor­rono molti miliardi men­tre dalla par­ziale abo­li­zione delle pro­vince si stima un rispar­mio di un cen­ti­naio di milioni. Di que­sto passo si potrebbe anche imma­gi­nare di dimez­zare la spesa elet­to­rale e andare al voto ogni dieci anni anzi­ché ogni quattro.
Il grande spot, la turbo dema­go­gia, giu­sti­fi­cata da una cam­pa­gna elet­to­rale euro­pea impor­tante quanto dif­fi­cile, è uno dei segni distin­tivi della ful­mi­nante ascesa dell’ex sin­daco di Firenze (che invece non bada a spese quando si tratta di farao­ni­che grandi opere come il sot­to­passo fer­ro­via­rio del capo­luogo fio­ren­tino). Tutti sanno (lo dice la Corte dei Conti) che il tra­sfe­ri­mento dei ser­vizi dalle pro­vince alle aree metro­po­li­tane (pro­messe da decenni e ancora sco­no­sciute ai più) non ci farà rispar­miare. Ma è impor­tante che il popolo sovrano lo creda. E’ fon­da­men­tale che il gril­lino dub­bioso sia attratto dal mes­sag­gio acchiap­pa­voti, uno zero vir­gola in più il 26 di mag­gio potrebbe fare la dif­fe­renza. Oltre­tutto in que­sto caso il capro espia­to­rio non impie­to­si­sce nes­suno, le pro­vince non tro­vano grandi avvo­cati difen­sori.
Per il senato «gra­tis» la que­stione è già più seria e pro­pa­gan­darne l’abolizione per rispar­miare dà la misura del degra­dante abbri­vio del dibat­tito poli­tico. Come se le isti­tu­zioni rap­pre­sen­ta­tive aves­sero un prezzo (non un costo), come se non fosse la pau­rosa cor­ru­zione (con le Regioni potente volano) la causa prima del distacco tra cit­ta­dini e istituzioni.
Tut­ta­via que­sta gara a chi, tra il pre­mier e Grillo, è più furbo sul mer­cato elet­to­rale, incon­tra l’ostacolo del primo voto di fidu­cia dell’era Renzi (cer­ta­mente non l’ultimo). Il grande deci­sore, l’ex sin­daco che vor­rebbe rivol­tare la Costi­tu­zione con tweet (ma già davanti alle scuole si for­mano gruppi di fami­glie che con­te­stano le chiac­chiere del mer­co­ledì), che vor­rebbe assu­mere e licen­ziare i mini­stri come fos­sero asses­sori, che pre­ca­rizza tutti e per sem­pre con il decreto del mini­stro Robo­Coop, già deve alli­nearsi ai suoi pre­de­ces­sori chia­mando il par­la­mento alla fidu­cia (160 voti, 9 in meno dell’insediamento del governo).
Il voto di ieri serve a occul­tare lo sban­da­mento della tra­bal­lante coa­li­zione. I Popo­lari (qua­lun­que cosa voglia dire) si divi­dono, lo stesso par­tito del pre­si­dente del con­si­glio si agita sulle que­stioni di poli­tica eco­no­mica e del lavoro. Come evi­den­ziano le pro­messe di alcuni espo­nenti del Pd di votare con­tro il decreto sulla pre­ca­rietà, e come, sul fronte della spen­ding review, avverte il pre­si­dente Napo­li­tano, pre­oc­cu­pato di ulte­riori tagli «immo­ti­vati» alla spesa.
Nem­meno la mag­gio­ranza di fatto, quella che lega Renzi a Ber­lu­sconi gio­cando la carta delle riforme, gode di buona salute con Forza Ita­lia in pieno mara­sma. Il rischio alla fine è sem­pre quello, più il pal­lone si gon­fia più rischia di scoppiare.

Nessun commento: