Per la milionesima volta la
misteriologia sul sequestro e la morte di Aldo Moro è ricomparsa sui
giornali. E soltanto lì voleva tornare. Possiamo dirlo con certezza,
perché il nuovo fornitore di “scoop” si è rivolto all'agenzia di stampa
Ansa, mica alla magistratura... Come sarebbe stato logico per un
normalissimo cittadino. Figuriamoci per un ex ispettore della Digos
torinese, tale Enrico Rossi, ora in pensione (“nonostante la giovane
età”, chiosa il sempre prudente Giovanni Bianconi, sul Corriere della sera, uno dei giornalisti italiani con più esperienza in materia di processi per lotta armata).
La vicenda recente è semplice: quattro
anni fa un misterioso individuo che affermava di esser stato a bordo
della famosa “moto Honda di via Fani” scrive una lettera anonima a La
Stampa, in cui afferma di esser stato lì come “agente dei servizi
segreti”, agli ordini del “colonnello Guglielmi” del Sismi, con
l'incarico di “proteggere le Brigate Rosse” impegnate contro la scorta
del presidente della Democrazia Cristiana.
Notizia bomba, se avesse qualche riscontro plausibile. Ma i problemi iniziano già con il testo della lettera anonima originaria:
«Quando riceverete
questa lettera, saranno trascorsi almeno sei mesi dalla mia morte come
da mie disposizioni. Ho passato la vita nel rimorso di quanto ho fatto e
di quanto non ho fatto e cioè raccontare la verità su certi fatti. Ora è
tardi, il cancro mi sta divorando e non voglio che mio figlio sappia.
La mattina del 16 marzo ero su di una moto e operavo alle dipendenze del
colonnello Guglielmi, con me alla guida della moto un altro uomo
proveniente come me da Torino; il nostro compito era quello di
proteggere le Br nella loro azione da disturbi di qualsiasi genere. Io
non credo che voi giornalisti non sappiate come veramente andarono le
cose ma nel caso fosse così, provate a parlare con chi guidava la moto, è
possibile che voglia farlo, da allora non ci siamo più parlati, anche
se ho avuto modo di incontrarlo ultimamente...Tanto io posso dire, sta a
voi decidere se saperne di più».
E continuano con l'operato di Enrico
Rossi, incaricato di trovare i riscontri e informare la Procura di
Torino (dove in quel momento regnava Giancarlo Caselli, non certo uno
che si tira indietro davanti a “notizie di reato” di questo genere).
Quel che trova viene consegnato, vagliato e girato per competenza alla
Procura di Roma. Che archivia per mancanza di riscontri.
Finita la storia. L'investigatore pensionato, una volta pensionato,
ci ripensa e va a cercare l'Ansa, oppure la cerca dopo aver risentito
qualche giornalista de La Stampa (ieri sera, nell'edizione online, ne scriveva Massimo Numa,
sì proprio quel simpatico e imparziale cronista che si occupa in genere
dei No Tav e sosteneva di esser stato “tenuto sotto controllo” per
quasi un anno, insieme al senatore Esposito del Pd, da misteriosi e
numerosissimi “anarchici” ovviamente collegati con la Val Susa). E giù
paginate di quotidiani a sollevare la polvere dei secoli, i fantasmi del
mar dei Sargassi e il voyerismo misteriosofico.
Come i nostri lettori sanno, abbiamo in
materia le nostre idee, ma non molta conoscenza diretta dei fatti.
Quindi abbiamo sentito Francesco Piccioni, all'epoca militante delle Br a
Roma.
Hai visto le ultime novità “storiche”?
Siamo nell'era dei
truffatori da due soldi, ormai. Quella che era una storia a suo modo
grande, su cui ci si scontrava tra dietrologi sedicenti “di sinistra” e
protagonisti di quella stagione rivoluzionaria, è ormai ridotta a
magazzino di reperti in cui ogni coglione che pensa di guadagnarci
qualcosa entra, dà un'occhiata in giro, e spara la sua scemenza.
Su che basi dici questo?
È nelle cose che
stanno sui giornali oggi, il problema è che sono pochissimi ormai quelli
che sanno leggere... Andiamo con ordine. C'è una lettera scritta cinque
anni fa da un “ex agente dei servizi” che si ritrova in punto di morte e
si vuole, dice, “scaricare la coscienza”. E cosa fa? Scrive che lui
stava su quella moto, che stava agli ordini di di Guglielmi, ma “di più
non posso dire”? Per il resto “cercate voi”? Ma come!? La lettera –
l'hai disposto tu stesso – verrà inviata solo sei mesi dopo la tua
sepoltura e ti tieni il segreto vero e proprio? Una boiata pazzesca, e
questo senza neanche affrontare la dinamica dell'azione di via Fani, che
evidentemente non conosceva e non si era nemmeno studiato bene...
Ma una moto è stata vista...
Sì, certo. È passata
una moto... hai capito quant'è strano, a Roma... Ma di sicuro non
avevamo “bisogno di protezione” contro dei passanti. Basta leggere gli
atti dei processi, o anche i giornali d'allora, o la memorialistica di
ex combattenti - "pentiti" e non - per verificare che qualsiasi gruppo
guerrigliero era abituato a garantirsi da solo una “copertura” da
eventuali imprevisti. L'elemento decisivo non è il passaggio di una
moto, ma il tentativo di farlo diventare “il dettaglio che cambia la
Storia”; una bufala, insomma.
E infatti i giudici archiviano la
“rivelazione”... Ma perché è così facile strappare decine di pagine di
giornali sparando “scemenze” su via Fani?
Perché non c'è uno “Stato” vero e proprio, alla francese, a controllare la memoria storica. Questa è res nullius,
ogni parte politica può raccontarsela come vuole. Abbiamo visto gente
Giorgio Pisanò o Giampaolo Pansa “riscrivere la Resistenza”, senza che
nessun potere statuale avesse niente da eccepire; e dire che siamo “una
Repubblica nata dalla Resistenza”... È esistita anche una “dietrologia
di destra”, con l'on. Fragalà e pochi altri. Diceva le stesse scemenze
degli ex Pci, sugli stessi episodi; si limitava a mettere un agente del
Kgb al posto di uno della Cia o del Sisde. Poca fantasia... si vede che
gli sceneggiatori migliori sono collocati “a sinistra”. Stiamo parlando
dell'evento più importante di oltre un decennio di guerriglia urbana,
l'unico che abbia coinvolto uno dei pochissimi leader-chiave della
politica italiana. Tutto il resto è stato dimanticato, Moro viene
riesumato ogni volta che serve. O che qualcuno vuole guadagnarci
quealcosa.
C'è qualche analogia con l'infortunio occorso a Ferdinando Imposimato?
Si tratta più o meno
della stessa cosa. Anche qui c'è un ex poliziotto – lì era una guardia
di finanza – che ha “sfiorato” un fatto centrale della Storia e cerca
visibilità, interviste, soldi o chissà che altro. Possono provarci
perché, ripeto, non c'è una “memoria certificata”, in qualche misura
definitiva. E quindi giocano sui “desideri” di questa o quella cordata
politica, riciclando vecchi “misteri” e proponendosi come “variante sul
tema”. Penso che ce ne saranno ancora altri, perché trovano terreno
fertilissimo nell'analbetismo politico di ritorno, anche in personaggi
che pure dovrebbero avere una “struttura” intellettuale e critica
abbastanza solida.
Pensi sempre a gente che viene dal Pci?
Più o meno sì,
perché chi è passato per i gruppi extraparlamentari o l'autonomia
dovrebbe essere un po' più corazzato. Qualche settimana fa, per esempio,
ero stato invitato a presentare un romanzo che ricostruiva la militanza
di un comunista bolognese dalla Resistenza agli anni '80. Una “storia
romanzata”, diciamo, ben scritta e ottimamente documentata; ma che
quando arriva al sequestro di Aldo Moro accetta supinamente la
“misteriosofia”. Faccio il mio intervento, parlo bene di quel che mi è
piaciuto, ma obietto che intorno alla vicenda delle Brigate Rosse e
quell'episodio particolare proprio non ci siamo. Del resto, tutta questa
dietrologia si regge ormai soltanto sull'allungare “ombre di ambiguità”
su Mario Moretti; che, spiego, è anche l'unico brigatista di via Fani
ancora in galera. Il che, tra persone intelligenti, taglia la testa al
toro: ma come, dici che ha “fatto un favore” al potere uno che sta
ancora in galera dopo 33 anni? Si alza Mauro Zani, vecchio
e solido dirigente del Pci bolognese, ex eurodeputato, ecc, a dire “Non
è vero! È in semilibertà...”. Non so se è chiaro cosa significa: stai
in galera, la mattina esci e vai a lavorare, sei controllabile e
controllato sul lavoro, così come a casa dove passi a mangiare prima di
rientrare di nuovo in carcere la sera; se vuoi avere qualche giorno di
“licenza” devi chiedere permesso al giudice; se la vuoi passare in un
luogo diverso dalla tua abitazione (chessò, al mare, se hai una
famiglia), la polizia viene mandata a verificare l'abitazione; se sei
ospitato da qualcuno parte un'indagine sull'ospitante... Nel caso di
Mario si è arrivati a questo assurdo: aveva chiesto di venire a Roma per
la presentazione di un libro, e Erri De Luca si era offerto di
ospitarlo. Diavolo! un ospite conosciuto, famoso, uno scrittore tradotto
in parecchie lingue... Beh, la polizia risponde che “a loro risulta che
De Luca Erri sia in realtà un muratore con precedenti per
manifestazioni non autorizzate, ecc”. E il giudice – che evidentemente
non conosce neanche lui Erri - rifiuta il permesso di venire a Roma.
Questa è la vita
quotidiana di uno che viene “premiato” per aver “lavorato per il
potere”? E ai nemici che gli fanno, allora? Vorrei timidamente ricordare
che un “agente” vero, la galera, non la vede proprio; nemmeno quando
viene scoperto. Persino un agente condannato, ad un certo punto, per la
strage di piazza Fontana – Guido Giannettini – non ha fatto più di sei mesi in tutto, prima di essere scarcerato con tutti gli onori e messo al sicuro in un posto di suo gradimento.
Mario sta invece dentro da 33 anni,
di cui gli ultimi in “semilibertà”. E un politico con l'esperienza di
Zani - uno che ha fatto in tempo a vedere la polizia sparare sui
manifestanti e i suoi compagni di partito finire arrestati - non sa più
distinguere la realtà di un prigioniero (sia pur “semi”, dopo tantissimi anni di “totalmente”) dalla narrativa dietrologica?
Se è così – ed è così, purtroppo – qualsiasi truffatore che sia passato
vicino a questa storia può “tentare” la sua mossa. Troverà sempre
qualcuno disposto a giocarlo mediaticamente. E' business storiografico.
Rende sempre, e torna utile per spezzettare la Storia in romanzetti
sporchi. Certo, ci vuole un "pubblico" di bocca buona... Ma mi sembra
che se lo siano creato a immagine e somiglianza, grazie anche agli ex
Pci.
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