La battaglia si accende non con gli F35, ma sugli F35. Da tre anni ormai tutti gli osservatori, gli esperti militari, le commissioni dei Paesi che facevano parte del progetto o che intendevano acquistare l’apparecchio, sono concordi nel dire che il caccia di quinta generazione progettato dalla Lockheed (grazie anche a due miliardi italiani), è “riuscito male”: è costosissimo e strutturalmente mediocre. E’ addirittura inferiore ai caccia della generazione precedente e dunque a macchine già presenti nella nostra aeronautica.
Ma da tre anni, nonostante la spaventosa crisi che ha investito il Paese, il sistema politico ha ribadito con tetragona e incomprensibile pervicacia, l’intenzione di comprane un buon numero: prima 121, ridotti poi a 90 con una spesa che si aggira sui 16 miliardi ( manutenzione e addestramento esclusi) a fronte peraltro di ricadute tecnologiche nulle e a quelle industriali incerte e comunque marginali. Cosa spinga un Paese che ha nella sua costituzione il ripudio della guerra a svenarsi per comprare a peso d’oro un caccia della cui mediocrità si fa garante lo stesso Pentagono, lo sa il cielo o forse lo sanno i banchieri svizzeri e delle Cayman.
Tuttavia l’opposizione a questo acquisto, anche se diffusa, ha trovato spazio soprattutto in rete mentre sui giornaloni gli F 35, seppur costosi, erano sempre dei “gioielli” e persino i chierici vaganti dell’intellighenzia i sono rivelati assai prudenti e solo marginalmente, sono intervenuti: su questo sperpero non ci sono stati manifesti, raccolte di firme, appelli o quant’altro, benché la dottrina dell’austerità facesse ogni giorno nuove vittime . E’ lecito perciò domandarsi perché solo adesso Dario Fo abbia sentito il bisogno di scrivere una lettera aperta alla Pinotti rivelandole che gli F35 sono dei bidoni ed esortandola a non comprarli. Ed è altrettanto interessante chiedersi perché Napolitano stia brigando per avocare al consiglio di difesa e cioè a se stesso, l’ultima parola sull’acquisto di armi.
Qualcosa evidentemente è cambiato: forse si comincia a capire che quando dall’anno prossimo bisognerà tagliare 50 miliardi per ubbidire al fiscal compact senza che alcuna ripresa reale e non semplicemente contabile o “tecnica” sia giunta, la spesa per i caccia sarà semplicemente incompatibile con lo stato delle finanze e/o con la popolarità del premier in aggiunta ai massacri generati dalle conseguenze del job act o forse i “beneficiari” dell’incauto acquisto hanno minore presa. Insomma ci sono più speranze che almeno una parte della gigantesca spesa venga cancellata. Fatto sta che ora cominciano a spuntare gli eroi anti F35 che se ne stavano nelle retrovie quando la lotta contro le lobby dell’acquisto sembrava una battaglia contro i mulini a vento. E non c’è dubbio che fra un po’ le lettere aperte voleranno come aeroplanini di carta. Per carità ben vengano, ma bisogna constatare che in questo Paese si accorre sempre dove si individua non una giusta causa, ma una possibile vittoria.
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