Dopo l'azzeramento dei contributi pubblici,
Liberazione chiuderà il 1° gennaio, e altre 30 testate potrebbero fare
prestissimo la stessa fine. Beppe Grillo gioisce: 'così imparano a
parlar male di noi'. La risposta di un bravo giornalista, precario
La fine del finanziamento pubblico ai giornali
"Il 2012 non sarà del tutto negativo. Porterà in dono anche la
chiusura di molti giornali finanziati con soldi pubblici, veri cani da
guardia dei partiti. Giornali che hanno attaccato il MoVimento 5 Stelle
prima ancora che esistesse o che, nel migliore dei casi, ne hanno
taciuto le iniziative. Il V2day del 2008 fu un atto di accusa contro la
disinformazione dei giornali assistiti e legati a filo doppio ai partiti
e venne chiesta l'abolizione dei finanziamenti pubblici. Tra le testate
che attaccò l'iniziativa, prima, dopo e durante, spiccò l'Unità. Ora è
in crisi, si metta sul mercato, si faccia pagare dai lettori come il
Fatto Quotidiano e, se non vende, chiuda i battenti. Se qualche
esponente del MoVimento 5 Stelle la pensa diversamente non è un
problema. Il Pdmenoelle lo accoglierà subito tra le sue braccia." Beppe Grillo
La risposta di Daniele Nalbone, giornalista di Liberazione:
La risposta di Daniele Nalbone, giornalista di Liberazione:
Caro (nel senso di quanto costa seguire un suo spettacolo-comizio) sig. Beppe Grillo.
Sono un giornalista della casta: lavoro per Liberazione, sono precario da sempre, ho 30 anni e presto la mia professione, quella di giornalista pubblicista, sarà cancellata dalla faccia della terra. Il mio reddito annuo è pari a (circa) 8mila euro. Credo nel giornalismo libero e indipendente, sono stato tra i primi a scoperchiare le nefandezze dei mondiali di nuoto del 2009, per primo ho raccontato su un quotidiano italiano la vicenda di Niki Aprile Gatti e del maestro di Vallo della Lucania Franco Mastrogiovanni, il primo “morto” di carcere, il secondo “morto” di Trattamento Sanitario Obbligatorio. Potrei continuare, ma questo è per farle capire che il merito di aver trattato tra i primi questi temi non è mio, o soltanto mio, ma del quotidiano per il quale collaborerò ancora per due giorni: Liberazione.
Un quotidiano che esiste da venti anni, per il quale hanno lavorato e lavorano decine di professionisti, che non è tra i preferiti del mercato della pubblicità e per questo ha bisogno, come ogni quotidiano indipendente d'Europa, del finanziamento pubblico non per sopravvivere e basta, ma per continuare a fare informazione.
Leggendo quanto da lei scritto mente nella redazione di Liberazione lavoratori dell'informazione sono costretti ad occupare il proprio posto di lavoro per non finire letteralmente per strada (fortuna che io abito ancora a casa di mamma...) non vedo nulla di politico né di comico. Leggo solo il 'rosicamento' di un personaggio pieno di sé incazzato per il fatto che i giornali in generale avrebbero attaccato il MoVimento 5 Stelle ancor prima che venisse fondato o che i giornali in generale ne avrebbero taciuto le iniziative.
Mi dispiace constatare che lei – di riflesso o direttamente poco importa – con questa parole attacca un giornale come Liberazione che ha sempre dato spazio a questa iniziative. Le ha criticate, certo, ma le ha prima raccontate.
Dopo le amministrativa di un anno fa io stesso feci un pezzo di resoconto sui risultati del MoVimento 5 Stelle chiudendo con questa frase il mio pezzo: “Altro che antipolitica. La sensazione, tanto sotto le due Torri che sotto la Mole, è quella di una vittoria molto politica che viene da lontano: dalle regionali dello scorso anno, non certo da facebook”.
Dall'alto del suo conto in banca, le chiedo: chi le dà il permesso di attaccare il lavoro – non le idee – con il quale vivono migliaia di famiglie italiane e sopravvivono ancor più migliaia di precari italiani?
Lei parla di “libero mercato”, pontifica sul fatto che un giornale dovrebbe vivere di copie vendute. Benissimo. Repubblica, Corriere, Sole, etc. vivono di copie vendute oppure di pubblicità e di contributi? La scuola pubblica italiana dovrebbe vivere di rette pagate o di contributi pubblici?
Il sistema di trasporto pubblico italiano dovrebbe vivere di biglietti venduti o di contributi pubblici?
La sanità italiana dovrebbe vivere di ticket pagati o di contributi pubblici?
Lei crede nel diritto all'informazione o nel pluralismo dell'informazione come crede nel diritto alla mobilità, alla salute, etc. o no?
E allora le parlo come lei parla ai suoi devoti: se la risposta è sì – credo nel diritto all'informazione o nel pluralismo dell'informazione - nessun problema: qualunque idiota continuerà a votarla.
Se la risposta è no – credo che l'informazione non sia un bene comune e quindi debba essere il libero mercato a decidere della vita o della morte di centinaia di testate - nessun problema: qualunque forza neofascista è pronta ad accoglierla tra le sue braccia.
E ora, dagli alla casta, signor Grillo. Io, dal basso dei miei 8mila euro all'anno, sono qui che la guardo, dall'alto dei suoi X milioni di euro l'anno.
Alla prossima pontificata.
Sono un giornalista della casta: lavoro per Liberazione, sono precario da sempre, ho 30 anni e presto la mia professione, quella di giornalista pubblicista, sarà cancellata dalla faccia della terra. Il mio reddito annuo è pari a (circa) 8mila euro. Credo nel giornalismo libero e indipendente, sono stato tra i primi a scoperchiare le nefandezze dei mondiali di nuoto del 2009, per primo ho raccontato su un quotidiano italiano la vicenda di Niki Aprile Gatti e del maestro di Vallo della Lucania Franco Mastrogiovanni, il primo “morto” di carcere, il secondo “morto” di Trattamento Sanitario Obbligatorio. Potrei continuare, ma questo è per farle capire che il merito di aver trattato tra i primi questi temi non è mio, o soltanto mio, ma del quotidiano per il quale collaborerò ancora per due giorni: Liberazione.
Un quotidiano che esiste da venti anni, per il quale hanno lavorato e lavorano decine di professionisti, che non è tra i preferiti del mercato della pubblicità e per questo ha bisogno, come ogni quotidiano indipendente d'Europa, del finanziamento pubblico non per sopravvivere e basta, ma per continuare a fare informazione.
Leggendo quanto da lei scritto mente nella redazione di Liberazione lavoratori dell'informazione sono costretti ad occupare il proprio posto di lavoro per non finire letteralmente per strada (fortuna che io abito ancora a casa di mamma...) non vedo nulla di politico né di comico. Leggo solo il 'rosicamento' di un personaggio pieno di sé incazzato per il fatto che i giornali in generale avrebbero attaccato il MoVimento 5 Stelle ancor prima che venisse fondato o che i giornali in generale ne avrebbero taciuto le iniziative.
Mi dispiace constatare che lei – di riflesso o direttamente poco importa – con questa parole attacca un giornale come Liberazione che ha sempre dato spazio a questa iniziative. Le ha criticate, certo, ma le ha prima raccontate.
Dopo le amministrativa di un anno fa io stesso feci un pezzo di resoconto sui risultati del MoVimento 5 Stelle chiudendo con questa frase il mio pezzo: “Altro che antipolitica. La sensazione, tanto sotto le due Torri che sotto la Mole, è quella di una vittoria molto politica che viene da lontano: dalle regionali dello scorso anno, non certo da facebook”.
Dall'alto del suo conto in banca, le chiedo: chi le dà il permesso di attaccare il lavoro – non le idee – con il quale vivono migliaia di famiglie italiane e sopravvivono ancor più migliaia di precari italiani?
Lei parla di “libero mercato”, pontifica sul fatto che un giornale dovrebbe vivere di copie vendute. Benissimo. Repubblica, Corriere, Sole, etc. vivono di copie vendute oppure di pubblicità e di contributi? La scuola pubblica italiana dovrebbe vivere di rette pagate o di contributi pubblici?
Il sistema di trasporto pubblico italiano dovrebbe vivere di biglietti venduti o di contributi pubblici?
La sanità italiana dovrebbe vivere di ticket pagati o di contributi pubblici?
Lei crede nel diritto all'informazione o nel pluralismo dell'informazione come crede nel diritto alla mobilità, alla salute, etc. o no?
E allora le parlo come lei parla ai suoi devoti: se la risposta è sì – credo nel diritto all'informazione o nel pluralismo dell'informazione - nessun problema: qualunque idiota continuerà a votarla.
Se la risposta è no – credo che l'informazione non sia un bene comune e quindi debba essere il libero mercato a decidere della vita o della morte di centinaia di testate - nessun problema: qualunque forza neofascista è pronta ad accoglierla tra le sue braccia.
E ora, dagli alla casta, signor Grillo. Io, dal basso dei miei 8mila euro all'anno, sono qui che la guardo, dall'alto dei suoi X milioni di euro l'anno.
Alla prossima pontificata.
Ps. non ho volutamente riletto quanto scritto: troppa rabbia.
Correggendo, sarei molto meno democratico, quindi mi scuso per gli
errori che sicuramente ci saranno. Ma, si sa, noi pennivendoli manco
scrivere sappiamo.