PERUGIA - In piazza Grimana cominciano a chiedersi
perché non sia possibile fare a Perugia quel che si è fatto a Roma nella
zona dei Fori imperiali. Cioè impedire il traffico intorno a quel
grande monumento in restauro -come, appunto, a Roma con il Colosseo- che
è l'arco etrusco. E' evidente, pensano quelli di piazza Grimana, che se
non si interverrà con misure nuove sulla viabilità che opprime la
piazza dove si trova uno dei monumenti più straordinari della città,
dopo il restauro finanziato da Brunello Cucinelli tutto finirà con il
tornare come prima, e cioè le vibrazioni, lo smog, il rumore. Partire
quindi dai lavori sull'arco per ripensare una piazza che ancora oggi non
ha una propria identità anche se si trova in uno snodo di primo piano,
alla base delle Prome e di Porta sole, sul versante delle mura etrusche
lungo la via nuova che sovrasta la Conca, accanto all'università per
stranieri e allo stesso ateneo di via Fabbretti. Poi, naturalmente, la
grande mole dell'arco etrusco che è poi anche romano e segnato più
tardi, nell'età del Rinascimento, da una splendida loggia.
L'arco etrusco, quindi, non è come il Colosseo che è figlio della
Roma imperiale ma un trattato sulla storia dell'arte italiana e le sue
volte che tutto sorreggono e tutto unificano, dall'archeologia segnata
dalle mura ciclopiche a quella classica sino all'età della rinascenza,
ci raccontano non una pagina dell'antichità ma un lungo percorso della
creatività di una città che ha attraversato da protagonista le grandi
ere della storia. Da questo punto di vista, cioè della vicenda perugina,
l'arco etrusco è più importante della stessa Fontana maggiore che è il
capolavoro della sua età dell'oro, cioè del Duecento, e che fissa come
un'istantanea un'immagine, che è per sempre, del luminoso Natale
dell'acropoli. Ma siamo lì, a specchiarci davanti alla magnificenza del
passato, alla fontana che sembra un battesimale, il più grande che si
sia potuto immaginare, e che definisce, al centro della piazza, il
linguaggio della città e il rapporto con tutte le altre fabbriche, dal
Palazzo comunale, al Duomo alla sede vescovile. L'Arco affonda invece le
sue fondamenta nel tempo del divenire di una città che era una delle
più importanti dell'età etrusca, e continua a parlare sino all'ultima
grande fase della sua magnificenza, il Rinascimento, prima della
decadenza e del grande silenzio imposto dall'oppressione papalina. E' il
grande e sghembo monumento della piazza intitolata pur sempre a un
cardinale di nome Grimani che apre e chiude la storia della città e del
suo centro antico.
Da allora non siamo più riusciti a riaprire un dialogo con la città e
la sua storia se non attraverso interventi traumatici, cioè con le
demolizioni, con la cancellazione di tutto ciò che appariva come un
impedimento allo sviluppo moderno e alla cultura dell'utile. E' così che
oggi ci troviamo di fronte alla città ottocentesca, definita per
sempre, un'altra volta, e non sappiamo dove mettere mano e a che cosa.
Persino Piazza grimana continua a restare così, disadorna e perennemente
incompiuta perché di fronte all'Arco Etrusco non si possono di certo
costruire le case del tempo nostro, che è l'unica cosa che sappiamo
fare. La conservazione del nostro passato ci impone così un grande
sforzo di fantasia e molto coraggio. La prima cosa che si sta facendo
grazie al mecenatismo di un imprenditore di successo è ciò che si
comincia a vedere già in questi giorni, e cioè il restauro di questo
grande monumento. Per il resto, si tratta di attribuire nuove funzioni e
un nuovo linguaggio a uno spazio che somiglia anch'esso a una rotonda
stradale con i suoi svincoli, verso il basso e verso l' alto, grosso
modo come ai piedi del Colosseo. Il problema del traffico opprime e
condiziona senza scampo il confronto sul futuro dei centri antichi. Gli
interventi sulla città devono mettere insieme il problema della
mobilità, quello dell'uso degli spazi pubblici, la rete del commercio e
il valore insostituibile della residenza. I restauri conservativi, pur
essenziali, da soli non bastano. Servono interventi strutturali che
rispondano al cambiamento delle funzioni che con il tempo subiscono gli
spazi nei quali continuiamo a muoverci e a vivere. Reinventare la
funzione degli spazi prima che il vuoto lasciato dalla nostra insipienza
venga occupato in modo improprio. Non è questo il tema di questi giorni
in Piazza grimana? Beh, rincorrere gli spacciatori non ci porterà che
qualche successo effimero. Si tratta, in realtà, di ripensare tutta la
zona universitaria, sottrarla alla speculazione e al degrado che il peso
della rendita si porta dietro, come un fiume la sua ghiaia. E poi il
ruolo che un centro storico come quello perugino deve esercitare nel
vasto territorio che tocca le montagne, il fiume, il lago, la pianura
umbra, insomma lo straordinario paesaggio del contado perugino.
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