martedì 20 agosto 2013

L'Arco Etrusco non è il Colosseo di renzo Massarelli, Umbrialeft.it

PERUGIA - In piazza Grimana cominciano a chiedersi perché non sia possibile fare a Perugia quel che si è fatto a Roma nella zona dei Fori imperiali. Cioè impedire il traffico intorno a quel grande monumento in restauro -come, appunto, a Roma con il Colosseo- che è l'arco etrusco. E' evidente, pensano quelli di piazza Grimana, che se non si interverrà con misure nuove sulla viabilità che opprime la piazza dove si trova uno dei monumenti più straordinari della città, dopo il restauro finanziato da Brunello Cucinelli tutto finirà con il tornare come prima, e cioè le vibrazioni, lo smog, il rumore. Partire quindi dai lavori sull'arco per ripensare una piazza che ancora oggi non ha una propria identità anche se si trova in uno snodo di primo piano, alla base delle Prome e di Porta sole, sul versante delle mura etrusche lungo la via nuova che sovrasta la Conca, accanto all'università per stranieri e allo stesso ateneo di via Fabbretti. Poi, naturalmente, la grande mole dell'arco etrusco che è poi anche romano e segnato più tardi, nell'età del Rinascimento, da una splendida loggia.
L'arco etrusco, quindi, non è come il Colosseo che è figlio della Roma imperiale ma un trattato sulla storia dell'arte italiana e le sue volte che tutto sorreggono e tutto unificano, dall'archeologia segnata dalle mura ciclopiche a quella classica sino all'età della rinascenza, ci raccontano non una pagina dell'antichità ma un lungo percorso della creatività di una città che ha attraversato da protagonista le grandi ere della storia. Da questo punto di vista, cioè della vicenda perugina, l'arco etrusco è più importante della stessa Fontana maggiore che è il capolavoro della  sua età dell'oro, cioè del Duecento, e che fissa come un'istantanea un'immagine, che è per sempre, del luminoso Natale dell'acropoli. Ma siamo lì, a specchiarci davanti alla magnificenza del passato, alla fontana che sembra un battesimale, il più grande che si sia potuto immaginare, e che definisce, al centro della piazza, il linguaggio della città e il rapporto con tutte le altre fabbriche, dal Palazzo comunale, al Duomo alla sede vescovile. L'Arco affonda invece le sue fondamenta nel tempo del divenire di una città che era una delle più importanti dell'età etrusca, e continua a parlare sino all'ultima grande fase della sua magnificenza, il Rinascimento, prima della decadenza e del grande silenzio imposto dall'oppressione papalina. E' il grande e sghembo monumento della piazza intitolata pur sempre a un cardinale di nome Grimani che apre e chiude la storia della città e del suo centro antico.
Da allora non siamo più riusciti a riaprire un dialogo con la città e la sua storia se non attraverso interventi traumatici, cioè con le demolizioni, con la cancellazione di tutto ciò che appariva come un impedimento allo sviluppo moderno e alla cultura dell'utile. E' così che oggi ci troviamo di fronte alla città ottocentesca, definita per sempre, un'altra volta, e non sappiamo dove mettere mano e a che cosa. Persino Piazza grimana continua a restare così, disadorna e perennemente incompiuta perché di fronte all'Arco Etrusco non si possono di certo costruire le case del tempo nostro, che è l'unica cosa che sappiamo fare. La conservazione del nostro passato ci impone così un grande sforzo di fantasia e molto coraggio. La prima cosa che si sta facendo grazie al mecenatismo di un imprenditore di successo è ciò che si comincia a vedere già in questi giorni, e cioè il restauro di questo grande monumento. Per il resto, si tratta di attribuire nuove funzioni e un nuovo linguaggio a uno spazio che somiglia anch'esso a una rotonda stradale con i suoi svincoli, verso il basso e verso l' alto, grosso modo come ai piedi del Colosseo. Il problema del traffico opprime e condiziona senza scampo il confronto sul futuro dei centri antichi. Gli interventi sulla città devono mettere insieme il problema della mobilità, quello dell'uso degli spazi pubblici, la rete del commercio e il valore insostituibile della residenza. I restauri conservativi, pur essenziali, da soli non bastano. Servono interventi strutturali che rispondano al cambiamento delle funzioni che con il tempo subiscono gli spazi nei quali continuiamo a muoverci e a vivere. Reinventare la funzione degli spazi prima che il vuoto lasciato dalla nostra insipienza venga occupato in modo improprio. Non è questo il tema di questi giorni in Piazza grimana? Beh, rincorrere gli spacciatori non ci porterà che qualche successo effimero. Si tratta, in realtà, di ripensare tutta la zona universitaria, sottrarla alla speculazione e al degrado che il peso della rendita si porta dietro, come un fiume la sua ghiaia. E poi il ruolo che un centro storico come quello perugino deve esercitare nel vasto territorio che tocca le montagne, il fiume, il lago, la pianura umbra, insomma lo straordinario paesaggio del contado perugino.

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