mercoledì 14 agosto 2013

Pubblico impiego, il salasso è molto alto: 14 miliardi. E ancora non è finita



L'ulteriore 'sforbiciata' di 200 mila posti nel pubblico impiego, su cui stanno lavorando i tecnici del ministero del Lavoro con quelli del Tesoro e della Funzione Pubblica, porterà alla casse pubbliche oltre 2 miliardi. A cui si aggiungono i 6,5 gia' incassati col taglio di 400mila unita' nell'ultimo quinquennio. E i 7 miliardi derivanti dal blocco degli stipendi appena procrastinato dal CdM sino a tutto il 2014. A fare i conti è l'Anief Confedir -, che ha tastato il polso a quello che il Governo sta preparando nel pubblico impiego e che potrebbe fare la differenza nelle mobilitazioni del prossimo 'autunno caldo'. Il totale dà l’impressionante cifra di 14 miliardi. E ogni lavoratore, calcolando le sole retribuzioni tabellari perde in cinque anni qualcosa come 9.000 euro (Cobas). Ma non è finita qui, perché, come sottolineano sia i Cobas che Usb, in campo c’è ancora la partita dei precari, ovvero la riconferma, o meno, di decine di migliaia di posti di lavoro. Di fatto sta accadendo come in Grecia, solo che non si può dire. 

Cifre compatibili nel conteggio di Cobas e Confedir
Si tratta di cifre molto compatibili con una ricerca fatta dai Cobas, secondo i quali da anni i salari del pubblico impiego sono in caduta libera. Un insegnante italiano guadagna il 20% in meno di un collega europeo, lo stesso discorso vale per gli infermieri. Di contro, ci sono tuttavia alcune posizioni apicali come dirigenti pubblici che in Italia portano a casa cifre ragguardevoli, sicuramente molto più alte della media europea. Senza contare i miliardi distribuiti a pioggia per le consulenze. I salari pubblici per 7 anni hanno subito un sostanziale blocco a vario titolo, 7 anni senza incremento non sono pochi anche in presenza di un forte aumento dei carichi di lavoro e delle responsabilità derivanti dalla riduzione degli organici e un limitato turn over. Fatti due conti, dal 2010 ad oggi si sono risparmiati 10 miliardi di euro solo nella Pubblica amministrazione.
Una perdita consistente, l'erosione del salario è al lavoro da anni
La perdita media di un salario della PA si aggira attorno a 2500 euro all' anno in virtù del blocco della contrattazione nazionale e decentrata. Le cause della perdita salariale? Secondo i Cobas bisogna partire da un decennio fa quando, al posto degli arretrati, i sindacati Cgil Cisl Uil siglarono con l'Aran, una intesa che trasformava gli arretrati in indennità di vacanza contrattuale; un contratto veniva firmato con due anni di ritardo e il Governo se la cavava erogando una dozzina di euro al mese come indennità\risarcimento, insomma una autentica truffa con il sostegno attivo dei sindacati. Poi aggiungiamo i vari provvedimenti governativi, non ultimo il blocco del turn over, che hanno avuto l'effetto di ridurre il numero dei dipendenti pubblici facendo passare l'idea che fossero troppi. Allo stesso tempo, con il compiacente utilizzo dei media, iniziavano le campagne contro gli impiegati fannulloni, che hanno portato "ad intese indecorose. Pensate agli scatti di anzianità da anni bloccati, anche questa opportunità di incremento salariale è stata eliminata”, sottolineano i Cobas.
Ottobrate romane per il pubblico impiego, a partire dal nodo precari
"Di vero - secondo l'Usb, che per ottobre ha organizzato insieme alle altre sigle del sindacalismo di base uno sciopero generale - c'e' che le centinaia di migliaia di posti di lavoro in meno nella pubblica amministrazione avranno un effetto depressivo sull'occupazione generale e metteranno in crisi la tenuta di molte amministrazioni pubbliche”. La conseguenza diretta per i cittadini sara' un nuovo taglio dei servizi pubblici. L’Usb sottolinea che per i precari della pubblica amministrazione non esiste un piano di stabilizzazione e il mantenimento del posto di lavoro e' legato alla scadenza della proroga dei contratti al 31 dicembre di quest'anno. L'Usb non lesina a critiche alle confederazioni sindacali. "In questi giorni abbiamo letto dichiarazioni roboanti da parte di diversi sindacati pronti a dissotterrare l'ascia di guerra di fronte a questo nuovo attacco al pubblico impiego, salvo poi non dare alcuna indicazione concreta in merito a iniziative di lotta". "La verita' - sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - e' che questo Governo non ha idee per vincere la crisi. Invece di cambiare registro e avere coraggio, introducendo leggi che abbattino realmente gli sprechi, ad iniziare da quelli della politica, si avventura in un'ulteriore spending review sulla pubblica amministrazione. Dando il colpo di grazia agli organici degli statali. Che cosi' in pochi anni perdono, a seconda dei comparti, tra il 10 ed il 15% dei loro dipendenti".
Unione dei comuni darà il colpo di grazia
Con l’abolizione delle province, il governo ha presentato un disegno di legge su città metropolitane, unione dei comuni e province. In realtà, secondo i Cobas, si tratta di un bluff. “Una precisa strategia di potere, quella di trasformare le Unioni in strumento privilegiato per la gestire le funzioni comunali e con cui procedere alla distruzione sistematica dello stato sociale in nome della cosiddetta governabilità”. I processi di costituzione delle Unioni nascondono anche l’ intento di allontanare i cittadini dall’ interesse per la cosa pubblica azzerando ogni forma di democrazia partecipativa, soprattutto in quelle forme strutturate con l’ impegno di comitati, associazioni e che potevano contribuire a creare nuove forme di rappresentanza politica. Per far perdere identità alle comunità locali significa recidere ogni legame solidale che si instaura in un territorio e allo stesso tempo “neutralizzare ogni potenziale conflitto” è stato utilizzato proprio il “patto di stabilità”, quale meccanismo perverso per raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica. “Dopo aver strumentalmente creato difficoltà funzionali a tanti Comuni, e soprattutto per chi vi opera e vi lavora, per il clima di incertezza operativa, occupazionale e salariale nel frattempo determinatosi, oggi improvvisamente, con la riforma presentata, gli equilibri di bilancio e il patto di stabilità sembrano non rappresentare più un problema”, scrivono i Cobas. Basta costituirsi in Unione di Comuni e non ci sarà più alcun patto di stabilità.
Quattro mosse per elminare secoli di storia e di democrazia
-ridurre la spesa per servizi pubblici erogati dagli enti in concomitanza con la riduzione dei diritti a cui conseguirà una drastica diminuzione del personale (alle dipendenze dirette dalla pubblica amministrazione e in appalto);
- produrre l’ennesima riforma costituzionale di fatto, rendendo obbligatorio ridefinire un nuovo assetto degli enti locali, con lo stato che trasferisce a questi ultimi il compito di riscuotere alcune tasse per servizi che fino ad oggi erano erogati a tutti e in forma pressoché gratuita ( la Tares ne è il primo esempio);
- ristrutturazione dei poteri locali ( di fatto potrebbe scomparire ogni gestione dei servizi nei comuni sotto 5000 abitanti) con aumento dei poteri delle unioni dei comuni e di fatto di organi decisionali esecutivi non eletti dai cittadini;
- utilizzare l’ esonero dal rispetto dei patti di stabilità per i comuni che si associano nelle Unioni, o i contributi erogati direttamente e indirettamente per agevolare simili processi ( contributi regionali, maggiori trasferimenti dello Stato), per ristabilire un controllo centralistico forte e cancellando, ogni forma di autonomia locale.
“E’ evidente che gradualmente scompariranno i comuni, fagocitati di fatto all’ interno delle unioni o delle città metropolitane, svuotati nel tentativo della politica di salvare comunque i ruoli e gli spazi di potere”, commentano i Cobas.

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