Il governo non si tocca e la grazia chiedetemela, poi si vedrà. Lunga
(per ribadire l’intoccabilità del governo, dell’alleanza e delle
riforme inderogabili), dettagliata (per non sbandare lungo i tornanti
della divisione dei poteri), e clemente (per esprimere la comprensione
del dramma vissuto da Berlusconi). E, soprattutto, aperta alla
possibilità di concedere la grazia.
La lunga nota con cui il Presidente della Repubblica ieri ha risposto
alle richieste del centrodestra di offrire al suo capo un salvacondotto
contro la sentenza della Cassazione, lascia chiaramente intravedere la
possibilità di concedere una qualche forma di «agibilità politica», come
recita il mantra arcoriano, all’evasore fiscale, trovando il consenso
di Fabrizio Cicchitto che ne coglie gli «spazi significativi» lasciati
aperti.
Naturalmente una domanda di grazia deve essere formulata (e gli
avvocati per porgerla nel modo migliore al condannato non mancano).
Ovviamente verrà presa in esame «senza toccare la sostanza e la
legittimità della sentenza passata in giudicato», perché «di qualsiasi
sentenza definitiva» non può che «prendersi atto». E tuttavia bisognerà
tener presente, aggiunge il Quirinale, qualora ne sussistano le
condizioni, che esse «possono motivare un eventuale atto di clemenza
individuale che incida sull’esecuzione della pena principale». Per
esempio, ipotesi del terzo tipo, si potrebbe commutare la condanna in
una pena pecuniaria. Per un evasore fiscale sarebbe una grazia al cubo, e
per il nostro povero paese una beffa mondiale. Ma si tratterebbe del
passaggio dalla fantapolitica alla fantascienza.
Il Capo dello Stato mostra attenzione per quello che chiama il
«turbamento» del Pdl, tanto che il caso Berlusconi gli ricorda la
cattiva sorte di altri capi di governo (come Bettino Craxi) condannati
al carcere, con la conseguenza di decretare la fine ingloriosa di una
fase politica archiviata nella contrarietà di quella parte del Pds che
aveva in Napolitano la figura preminente. Per questo il Presidente
spende parole di conforto «per il leader incontrastato di una formazione
politica di innegabile importanza». E cerca comunque di confortarne gli
adepti ricordando come la normativa vigente escluda «che Silvio
Berlusconi debba espiare in carcere». Ma soprattutto risalta il
notevolissimo distacco tra i toni compresivi verso la grande famiglia
del Pdl colpita dalla legge, e le righe in cui dispensa sonore
bacchettate agli stessi soggetti contro «ipotesi arbitrarie e
impraticabili di scioglimento delle Camere». Così placando anche le
ansie del segretario del Pd: la conferma delle larghe intese rende meno
difficile la navigazione congressuale e seppure il paese dovrà pagare lo
scotto di una grazia per mettere sotto il tappeto la spazzatura, ok il
prezzo è giusto. Seppure il Cavaliere non potrà candidarsi, c’è Marina.
Che smentisce, confermandosi degna erede.
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