Chissà se i cittadini romani che in
questi giorni giravano come cavie impazzite nella gabbietta senza sapere
dove andare, che consultavano rabbiosamente vigili altrettanto
inconsapevoli, che scoprivano che per andare a Termini da via Labicana
mettevano sette volte i tempi di percorrenza dell’era pre-marino, prima
del suo prestigioso fiore all’occhiello che si rivela ingovernabile
anche nella fase sperimentale di ferragosto a città deserta, chissà se
quei cittadino ignari e incazzati sospettavano che lo staff incaricato
di informarli, di comunicare e dare ragguagli sui come e i perché delle
scelte dell’amministrazione comunale costerà molto caro a loro, alla
Capitale, alla collettività. Secondo la regola aurea, è il caso di
dirlo, che accomuna le organizzazioni pubbliche incaricate di
comunicare, è calato un pudico silenzio sul budget stanziato per lo
staff di sindaco e giunta comunale di Roma, reso noto ora dal Fatto
Quotidiano che denuncia come superi addirittura quello del vituperato
predecessore. Lo staff della giunta del Comune di Roma costerà infatti
poco meno di 3,8 milioni di euro all’anno, per le remunerazioni
dell’esercito dei 58 collaboratori del sindaco Ignazio Marino e dei 12 assessori: incarichi fiduciari a personale esterno che per metà riguardano l’entourage di Marino e del suo vice Luigi Nieri
(gabinetto, segreteria e ufficio stampa) e per l’altra quello degli
altri componenti della giunta. L’autodifesa spudorata dell’ufficio
stampa medesimo fa intendere che si tratta di doverosi investimenti per
assicurare informazione trasparente, assicurare l’accesso del pubblico,
premiare competenze eccezionali necessarie al funzionamento di una
macchina complessa, quella della Città eterna.
Chissà cosa ne pensano il sindaco di New york, di San Paolo, di Città
del Messico che spendono molto meno della metà, con numeri multipli di
abitanti. Ma la professionalità di Marco Girella capo ufficio stampa
deve possedere caratteristiche davvero speciali se verrà premiata con
più di 170mila euro lordi annui, 8 mila euro in più di quanto stanziato
– e non era poco – per l’addetto stampa di Gianni Alemanno. E dovrà
pur essere risarcito Enzo Foschi capo della segreteria del sindaco che
ha dovuto a suo tempo restituire l’indennità chilometrica percepita in
qualità di consigliere regionale peraltro non motorizzato. Vai a guarda’
er capello, si dice a Roma e converrà non andare troppo per il sottile,
ci saranno ragioni superiori, che riguardano impareggiabili qualità,
straordinarie prestazioni, curricula inarrivabili dei 13 componenti
dell’ufficio stampa che insieme altri 5 soggetti esterni e al portavoce
del sindaco, peseranno sul bilancio comunale con importi variabili dai
109mila ai 143mila euro.
Magari – come si diceva di Palermo – il
problema di Roma non sarà il traffico, ma il test effettuato in questi
giorni la dice lunga sulla discrasia tra intenti e messaggi che arrivano
ai cittadini, tra sistemi di annunci tanto cari ai governi a tutti i
livelli, e azioni realizzate, tra il proclamato fare che resta dire e
la capacità di guadare il mare che sta in mezzo. Soprattutto se si pensa
che a comunicare l’intervento epocale e simbolico della rivoluzione
mariniana, dovrebbero aver pensato ufficio stampa del sindaco,
comunicatori degli assessorati, quelli delle aziende di trasporto,
Agenzia della mobilità, incaricata con un ricco budget, proprio di
razionalizzare e informare i cittadini in tempo reale su traffico e
trasporti.
In 5 anni i 58 “tecnici”, dipendenti e consulenti esterni graveranno per circa 19 milioni di euro sulle traballanti casse del Campidoglio.
Non sono pochi, ammettono gli “accusati”, ma si difendono con una
contabilità da rappresaglia chiamando in causa la complessa gestione di
27 mila dipendenti e milioni e milioni di cittadini di nascita e appena
arrivati, della responsabilità onerosa di chi è più civi romanus degli
altri, chiamato a così alto incarico. Si risparmierà quindi su altre
voci e preferisco non immaginare quali e chi colpiranno i tagli della
spending review comunale.
Adesso capisco perché in tanti a passate
primarie hanno votato Marino: si erano convinti che incarnasse una
rivendicata differenza dalla nomenclatura di partito, affine a quella
diversità della sinistra fatta di capacità di ascolto, di indole a
testimoniare e rappresentare la lotta degli sfruttati, di attenta cura
dei temi della laicità e della moralità, di diligente avvedutezza nei
comportamenti personali e nel loro riverberare sulle funzioni pubbliche.
Beh, ha mantenuto le promesse, dimostra
di interpretare davvero la differenza … ma da noi, quella fatta di una
supponente superiorità sua e di chi lo circonda rispetto ai cittadini
retrocessi allo scomodo ruolo di sudditi, cui impartire direttive e
centellinare costose informazioni, poche e disordinate, in modo che
siano sempre più circoscritti potere decisionale, capacità di scelta,
libertà individuale e pubbliche responsabilità.
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