Tra gli eletti del Movimento 5 Stelle a Palazzo Madama c'è chi non è d'accordo con la posizione di Beppe Grillo che chiede le elezioni anticipate. Critici anche con il blogger Claudio Messora: "Chi è lui per dirci cosa fare?"
Si rivedranno solo tra una settimana. Ma i senatori Cinque Stelle hanno già (ri)cominciato a litigare. Tutta colpa di un post scritto da Claudio Messora
(responsabile della comunicazione a palazzo Madama) sul suo blog,
byoblu. Dalle vacanze, ha lanciato l’accusa agli eletti che giocano a
fare il “piccolo onorevole”. Ovvero, colpevoli di tradire uno dei punti
cardine del Movimento, il principio del portavoce: non sei lì per
ragionare con la tua testa, pensare strategie o elaborare teoremi. Uno
vale uno, si fa quel che dice la base. Ad alcuni degli eletti, l’affondo
del comunicatore non è piaciuto. Chi è Messora per dirci cosa dobbiamo
fare? Così, chi pubblicamente – come Francesco Campanella e Elena Fattori
– chi nelle segrete stanze di WhatsApp, hanno cominciato a chiedersi
cosa volesse quel blogger che per di più è “pagato da noi”.
Tutto poteva finire lì, nelle beghe che già in passato hanno movimentato i rapporti tra i comunicatori (scelti da Grillo e Casaleggio) e i parlamentari Cinque Stelle. Se non fosse che le parole di Messora sono state riprese e benedette dal capo del Movimento in persona. E così, la lista dei contestatori di Messora finisce inevitabilmente per trasformarsi in una pattuglia di senatori in rotta con il leader. Oltre a Campanella e alla Fattori ci sono Maria Mussini, Alessandra Bencini, Monica Casaletto, Luis Orellana, Lorenzo Battista e Fabrizio Bocchino. Da sempre considerati i più “dialoganti” del gruppo, ora finiscono all’indice come i papabili transfughi nell’ipotesi della fine delle larghe intese.
Loro sono convinti che prima di tornare a votare, si debba a tutti i costi cambiare la legge elettorale. Anche con un altro governo. Esattamente il contrario di quello che da qualche giorno va sostenendo Grillo: l’odiato porcellum, d’un tratto, è diventato il male minore; servono elezioni subito anche perché – è la tesi M5S – se la legge elettorale la rifanno Pd e Pdl, noi siamo tagliati fuori per sempre. “Gradirei un feedback da chi ha creduto in noi”, dice la senatrice Alessandra Bencini. È una di quelli che non ha gradito le parole di Messora e raccontano che il suo messaggio su WhatsApp sia stato tra i più duri (di Grillo ha detto: “Da comico erudito, è diventato ero-udito”, a sottolineare il calo di appeal del leader M5S). Ora spiega che non sono loro ad aver tradito il principio del portavoce. Semmai, è il contrario: “Io la voce la porto volentieri – dice la Bencini – però quando ci sono decisioni da prendere sarebbe bello consultare la base…io se c’è più concretezza la porto ancora più volentieri”. A lei piacerebbe poter avere il riscontro degli 8 milioni e passa di italiani che hanno messo la croce sul simbolo Cinque Stelle, ma si accontenterebbe anche degli iscritti che rappresentano lo “0,5 per cento” degli elettori, magari arricchito dai nuovi attivisti dei meetup, ancora non certificati sul portale. “Bisogna tracciare una linea politica – insiste capire dove si parte e dove si può arrivare. Io quando facevo l’attivista lo sapevo bene. Ora che sono lì, se avessi il conforto di una consultazione, sarei più tranquilla nelle scelte da fare. Avevamo detto che la legge elettorale andava cambiata per forza, anche solo quella. Invece adesso vedo che non è più così. Ma chi l’ha deciso? E perché non lo chiediamo a chi ci ha votato?”.
Tutto poteva finire lì, nelle beghe che già in passato hanno movimentato i rapporti tra i comunicatori (scelti da Grillo e Casaleggio) e i parlamentari Cinque Stelle. Se non fosse che le parole di Messora sono state riprese e benedette dal capo del Movimento in persona. E così, la lista dei contestatori di Messora finisce inevitabilmente per trasformarsi in una pattuglia di senatori in rotta con il leader. Oltre a Campanella e alla Fattori ci sono Maria Mussini, Alessandra Bencini, Monica Casaletto, Luis Orellana, Lorenzo Battista e Fabrizio Bocchino. Da sempre considerati i più “dialoganti” del gruppo, ora finiscono all’indice come i papabili transfughi nell’ipotesi della fine delle larghe intese.
Loro sono convinti che prima di tornare a votare, si debba a tutti i costi cambiare la legge elettorale. Anche con un altro governo. Esattamente il contrario di quello che da qualche giorno va sostenendo Grillo: l’odiato porcellum, d’un tratto, è diventato il male minore; servono elezioni subito anche perché – è la tesi M5S – se la legge elettorale la rifanno Pd e Pdl, noi siamo tagliati fuori per sempre. “Gradirei un feedback da chi ha creduto in noi”, dice la senatrice Alessandra Bencini. È una di quelli che non ha gradito le parole di Messora e raccontano che il suo messaggio su WhatsApp sia stato tra i più duri (di Grillo ha detto: “Da comico erudito, è diventato ero-udito”, a sottolineare il calo di appeal del leader M5S). Ora spiega che non sono loro ad aver tradito il principio del portavoce. Semmai, è il contrario: “Io la voce la porto volentieri – dice la Bencini – però quando ci sono decisioni da prendere sarebbe bello consultare la base…io se c’è più concretezza la porto ancora più volentieri”. A lei piacerebbe poter avere il riscontro degli 8 milioni e passa di italiani che hanno messo la croce sul simbolo Cinque Stelle, ma si accontenterebbe anche degli iscritti che rappresentano lo “0,5 per cento” degli elettori, magari arricchito dai nuovi attivisti dei meetup, ancora non certificati sul portale. “Bisogna tracciare una linea politica – insiste capire dove si parte e dove si può arrivare. Io quando facevo l’attivista lo sapevo bene. Ora che sono lì, se avessi il conforto di una consultazione, sarei più tranquilla nelle scelte da fare. Avevamo detto che la legge elettorale andava cambiata per forza, anche solo quella. Invece adesso vedo che non è più così. Ma chi l’ha deciso? E perché non lo chiediamo a chi ci ha votato?”.
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