Sono pazzi, questi servi. Diciamola com'è: il capitale
internazionale e nazionale ha “bisogno di stabilità” e questi cosa
fanno? Si dimettono perché “il capo” glielo ordina...
Silvio Berlusconi apre di fatto la crisi di governo, invitando i
ministri del Pdl a rassegnare le dimissioni. E quelli obbediscono come
un manichino senza volontà autonoma. Il ministro di polizia detto
dell'interno - quel tudero che pochi giorni fa era corso in Val Susa a
gridare “quel che lo stato ha deciso sarà fatto e guai a chi prova a
opporsi” - ha fatto sapere che «I ministri del Pdl rassegnano le proprie
dimissioni», seguito dall'impagabile sottosegretario alla Pubblica
amministrazione e semplificazione, Gianfranco Miccichè – quello che
riceveva dentro il ministero uno spacciatore di coca - che si è lanciato
a dire: «Rimetto il mio mandato nelle mani di Silvio Berlusconi».
Nessuno lo aveva ancora avvertito che era in quel posto come autorità
dello Stato, non come maggiordomo in prestito da una casata da quattro
soldi.
Poco prima il Cavaliere aveva annunciato di voler disertare la seduta
della giunta per le elezioni, mettendo di fatto fine al governo Letta.
«Ho invitato la delegazione del Popolo della Libertà al governo a
valutare l'opportunità di presentare immediatamente le proprie
dimissioni per non rendersi complici, e per non rendere complice il
Popolo della Libertà, di una ulteriore odiosa vessazione imposta dalla
sinistra agli italiani».
Per quale motivo? «La decisione assunta ieri dal Presidente del
Consiglio dei Ministri Enrico Letta, di congelare l'attività di governo,
determinando in questo modo l'aumento dell'Iva, è una grave violazione
dei patti su cui si fonda questo governo, contraddice il programma
presentato alle Camere dallo stesso premier e ci costringerebbe a
violare gli impegni presi con i nostri elettori durante la campagna
elettorale e al momento in cui votammo la fiducia a questo esecutivo da
noi fortemente voluto». «Per queste ragioni, l'ultimatum lanciato dal
premier e dal Partito Democratico agli alleati di governo sulla pelle
degli italiani, appare irricevibile e inaccettabile. Pertanto ho
invitato la delegazione del Popolo della Libertà al governo a valutare
l'opportunità di presentare immediatamente le proprie dimissioni per non
rendersi complici, e per non rendere complice il Popolo della Libertà,
di una ulteriore odiosa vessazione imposta dalla sinistra agli
italiani».
Ora, se qualcuno può arrivare a credere che l'aumento dell'Iva sia
alla base della decisioni del Caimano, è bene riaprire i manicomi.
A quel poveretto di Letta il Giovane, immolatosi per conto di
Napolitano alla guida di improbabili “larghe intese”, non è rimasto che
dire mestamente: «Il chiarimento deve avvenire in Parlamento, alla luce
del sole e di fronte ai cittadini». Del resto, «Il tentativo di
rovesciare la frittata sulle ragioni dell'aumento dell'Iva è
contraddetto dai fatti che sono sotto gli occhi di tutti perché il
mancato intervento è frutto delle dimissioni dei parlamentari Pdl e
quindi del fatto che non era garantita la conversione del decreto legge
in legge».
Ora tutto è in ballo. Non semplicemente il governo, ma l'intero
assetto istituzionale. Questo, a sinistra, è difficile da capire. Ma uno
Stato degno di questo nome – e quello italiano ha sempre avuto qualche
difficoltà a rispettare il ruolo – si regge sul fatto che le
contrapposte parti politiche riconoscono lo stesso equilibrio di poteri,
atteggiandosi a gestori temporanei di un sistema che va al di là di
loro stessi. Se invece, come con Berlusconi, la “democraticità” di un
equilibrio coincide con “l'agibilità politica” di un unico capobanda,
allora non può esistere alcun equilibrio.
Complicazione ulteriore. A rigor di
termini, questo atteggiamento obiettivamente “eversivo” (che è il
contrario di “sovversivo”) sarebbe “comprensibile se poi questo
capobanda fosse disponibile a condurre una guerra aperta sul piano
sociale e politico. Cosa che, al momento, non appare probabile. Ve lo
immaginate il Caimano alla guida delle truppe cammellate alla conquista
di Roma? No, eh? E allora come può finire questa stronzata? Nell'unico
modo che tutti voi potete immaginare: nella fuoriuscita di quello che
“l'Europa” considera un ostacolo senza dignità. Potete
scommetterci:finirà così.
Per questo non andate a festeggiare sotto
il Quirinale il giorno che gli arriveranno gli arresti domiciliari.
Fareste una figura da fessi di complemento...
Scendete in piazza il 18 e 19 ottobre, è decisamente più serio.
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