No, noi non ci stiamo. Non c’è alcuna dignità, né serietà informativa
nel seguire (e rendicontare) l’interminabile, stucchevole sequenza di
pseudo-eventi di cui si pasce la nostrana politica-politicante (e il
giornalismo ‘embedded’ ridotto a pratica gossippara), approdata al più
mortificante nonsense. Non ci stiamo a mettere nel nostro (pur piccolo)
ventilatore il profluvio di idiozie che inondano Tv e carta stampata,
armi di ‘distrazione’ di massa che obnubilano un’opinione pubblica
tramortita e confusa.
Le accuse reciproche di mendacio fra Pd e M5S a proposito del voto
segreto intorno alla decadenza (oppure no) di Berlusconi, il video a
reti unificate promesso dal Caimano che va e che viene, il governo che
un giorno cade e l’altro resta, i sedicenti ‘saggi’ che sbrodolano sulla
Costituzione anziché applicarla, il memoriale di Lavitola che assicura
sfracelli, la data del congresso in casa democrat e il balletto su chi
fa il premier e chi il segretario: tutto, nel Palazzo e zone limitrofe,
ruota intorno a queste dispute tardo-bizantine, quintessenza di una
politica ridotta ad intrallazzo di corte e di cortigiani, priva di
slanci e di verità, catalizzata dal destino personale di mediocri attori
protagonisti, tutti o quasi tutti sideralmente lontani dalla realtà del
Paese che chiede di essere governato e che invece inesorabilmente
periclita.
Mentre va in scena questa invereconda commedia, le scelte – quelle
che contano e segnano il destino delle persone – si compiono altrove.
L’economia italiana – a dispetto della propaganda da ‘film luce’ sulla
ripresa alle porte – è in piena recessione; il comparto manifatturiero,
spina dorsale della nostra industria, perde ogni giorno pezzi pregiati;
la disoccupazione è destinata ad aumentare anche per gli anni a venire;
la domanda interna decresce a vista d’occhio perché l’impoverimento di
massa (al netto della nicchia di nababbi perennemente all’ingrasso)
abbatte i consumi.
In questo terrificante scenario (che Letta edulcora con frasette da
Reader’s digest e che la premiata ditta Pd-Pdl ignora come Schettino
sulla plancia del Concordia), i guastatori dell’austerity continentale
si apprestano a dettare al governo (quale che sia o che sarà nel futuro
prossimo) l’ennesima ricetta monetarista, fatta di ulteriori tagli della
spesa sociale.
La prossima legge di stabilità – così si chiama oggi la ‘finanziaria’
costretta nel dogma del pareggio di bilancio – questa volta morderà
fino all’osso.
Chi ha intelligenza delle cose e ha capito da che parte tira il vento
sa che nel mirino c’è l’ultimo scampolo di welfare rimasto nella
legislazione nazionale: il servizio sanitario pubblico: vedrete,
vorranno calare lì la scure e ‘privatizzare’, cioè scaricare sulle
spalle dei cittadini il costo delle cure, dopo avere già annichilito la
prevenzione.
Ricordate? Mario Monti – poi debolmente smentitosi – lo aveva detto,
certo non a caso, nel crepuscolo della sua pessima premiership. Non si
dovrà attendere molto per vedere dove picchia il maglio: ottobre è
vicino. Né il lavacro che si annuncia basterà a salvare un paese che in
barba a tutti i distinguo sta procedendo verso il precipizio che ha
visto schiantarsi la Grecia.
Bruno Amoroso, economista abituato a dire pane al pane e vino al
vino, lo ha spiegato ieri, con rara lucidità, a Riccardo Iacona, nella
trasmissione Presa diretta. Eppure, il governo bifronte insiste nel
proprio suicida ‘inchino’ davanti all’oligarchia finanziaria che domina
l’Europa.
Il default del Belpaese è purtroppo vicino. Quando ci si arriverà, e nel modo peggiore, non basterà più qualche impacco caldo.
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