Tutto è cominciato quando qualcuno - absit iniuria verbis - ha
dichiarato ai giornalisti che a salvare Berlusconi nel voto segreto
sarebbero stati i perfidi grillini per poi accusare il Pd. Ovvero la
politica vista dal buco della serratura con lunga coda di paglia
annessa. A questi ultimi non è parso vero di raccogliere un assist
insperato e dire immediatamente che loro erano per il voto palese. La
Lega a questo punto non poteva essere da meno e da ultimo, stando ai
titoli dei giornali di oggi, persino il Pd si dichiara favorevole.
Ma favorevole a cosa? La questione è materia di regolamenti
parlamentari, non è materia né legislativa né costituzionale. Ma
dovrebbe essere evidente al semplice buon senso che non si può adottare
per Berlusconi norme diverse da quelle previste per tutti gli altri. A
meno di non cadere nel berlusconismo stesso, seppure rovesciato negli
esisti voluti: cioè la norma ad personam.
Il regolamento del Senato (art. 113) e quello della Camera (art.49) sono chiarissimi al riguardo.
Il regolamento del Senato (art. 113) e quello della Camera (art.49) sono chiarissimi al riguardo.
Quello del Senato dice :" Sono effettuate a scrutinio segreto le
votazioni comunque riguardati persone". Né vale il causidico argomento
sollevato da Valerio Onida per cui il giudizio riguarderebbe la
composizione dell'aula e non le persone, come se sugli scranni
senatoriali sedessero birilli!
Poiché il regolamento è quello, ecco che parte l'idea di modificarlo.
Per farlo però ci vuole tempo, come è ovvio, e quindi il voto sulla
decadenza di Berlusconi, se dovesse prevalere questo ulteriore
diversivo, si allontanerà. Non male come autogol. In più la modifica
avverrebbe solo in un ramo del parlamento e non nell'altro. Ma a questo
qualcuno direbbe che si potrebbe rimediare poi.
Il punto è che è l'attuale normativa regolamentare sul voto segreto è
stata proprio costruita e difesa nel tempo per tutelare la libertà di
voto del singolo parlamentare. Contrariamente a quanto desidererebbe
Grillo, questo infatti non è tenuto a un vincolo di mandato. Anzi, la
Costituzione espressamente lo esclude (art. 67). Tanto è vero che il
voto segreto prevale su quello palese quando un certo numero di deputati
o senatori lo chiede (venti nel caso del Senato) lo richiede. Nel
contempo, per evitare il fenomeno delle lobbies e dei franchi tiratori
(o quantomeno per contenerlo), gli stessi regolamenti prevedono che su
alcune norme che per loro natura non possono in ogni caso concernere
"questioni di coscienza" - quali quelle di spesa, di bilancio,
finanziarie e tributarie - la richiesta di voto per scrutinio segreto
non sia ammissibile.
Cancellare il voto segreto in favore di quello palese sarebbe una
misura regressiva e repressiva, specialmente in un Parlamento quale
quello attuale - il Parlamento dei nominati - determinato da una legge
porcata.
L'attuale dibattito ha il solo scopo di intorbidire le acque e
perdere tempo. La strada maestra è una sola. Che la Giunta senatoriale
mantenga il suo impegno, già tardivo, di votare mercoledì e che al più
presto la questione giunga in aula, ove si deve procedere al voto
nell'unico modo possibile, ovvero quello previsto dall'attuale
regolamento.
Se i 101, o meglio parte di essi visto che si vota in una camera
sola, che affossarono Prodi, determinando di fatto il ricorso al bis di
Napolitano, ripeteranno la loro ingloriosa impresa, l'esito non sarà
tanto la provvisoria salvezza di Berlusconi, neppure "soltanto" il
suicidio del Partito democratico, ma la distruzione della giustizia e
della democrazia parlamentare nel nostro paese.
Inutile nascondersi dietro trovate regolamentari peraltro infondate.
Tutti sappiamo che la posta in gioco è questa. Perciò mi auguro che la
manifestazione già indetta per il 12 ottobre in difesa della
Costituzione veda una straordinaria partecipazione di popolo.
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