Indubbiamente non è un momento facile per Silvio Berlusconi. Non solo per quello che lo attende sul piano politico (decadenza o no il suo futuro è ipotecato). Sul piano economico infatti la bocciatura del ricorso in Cassazione sul risarcimento multimilionario al gruppo di De Benedetti-Scalfari per avergli soffiato la Mondadori nel 1991, segna una tappa fondamentale. L'interessante articolo di Simone Filippetti sul Sole 24 Ore di oggi (che pubblichiamo in altra parte del giornale), ricostruisce molto bene la storia di corruzione e inghippi che portò la Fininvest a sfilare di mano la Mondadori ai suoi competitori del gruppo Cir (Espresso-Repubblica-De Benedetti).
Ci interessa invece sottolineare le ripercussioni politiche di quella vicenda. E' infatti il momento di riconoscere che questi venti anni di scontro politico in Italia sono stati condizionati – e in molti casi determinati – dalla aspra competizione tra due gruppi editoriali-finanziari. Da una parte la Fininvest di Berlusconi dall'altra il gruppo La Repubblica-Espresso, longa manus, di De Benedetti. Lo scontro tra due interessi privati e contrapposti per mere ragioni economiche si è riversato ed ha avviluppato la “politica” come mai era accaduto nel passato del nostro paese. La decisione di Berlusconi di “entrare in politica” ha innescato una reazione quasi isterica da parte del gruppo La Repubblica-Espreso che ha operato affinchè il loro “nemico Berlusconi” diventasse il nemicodi tutti e il male assoluto contro il quale tutto doveva essere dedicato e reso funzionale.
Nasce da qui la trappola dell'antiberlusconismo dentro il quale la sinistra tutta – sia quella neoliberale che quella radicale – sono cadute con tutte le scarpe,ingoiando rospi,accettando alleanze innaturali, inventandosi formule tragiche come “il meno peggio”, il "voto utile", la “riduzione del danno” etc.. Come dimenticare Asor Rosa che dalle pagine de Il Manifesto invocava il colpo di stato contro Berlusconi come una sorta di male necessario? E come dimenticare che con la nascita del governo Monti e i diktat di Napolitano questa sorta di colpo di stato antiberlusconiano c'è stato veramente? Come dimenticare quei gonzi che il giorno delle dimissioni del Cavaliere andarono a festeggiarlo sotto il Quirinale spianando la strada al governo Monti?
Ma soprattutto come dimenticare i ripetuti tentativi di disinnescare lo scontro attraverso le generose concessioni a Berlusconi sulle televisioni (vedi Violante oggi e quindici anni fa) o i recenti tentativi di assicurargli un salvacondotto da parte di Napolitano?
L'impresentabilità di Berlusconi, i suoi eccessi, i suoi interessi privati, il suo anticomunismo da nostalgico repubblichino, hanno segnato indubbiamente questi venti anni di vita (anzi mala-vita) politica. Ma hanno anche consentito che Berlusconi venisse consegnato al furore progressista come l'unico nemico, come il male assoluto contro cui concentrare sforzi e battaglie, ma perdendo sistematicamente di vista il nemico che marciava alla propria testa – dalla classe dominante sull'Unione Europea e i gruppi capitalisti multinazionali – che hanno ridisegnato e distrutto la mappa produttiva del paese e i diritti sociali dei lavoratori. Questa “distrazione di massa” ha funzionato per venti anni ed è stata devastante. Una “guerra” durata venti anni tra due gruppi privati editoriali-finanziari, ha rubato il presente e il futuro a questo paese ed ha dissolto l'anima alla sinistra, trasformata in un Pd liberale e democristiano e una sinistra radicale ad esso totalmente subalterna. La guerra dei vent'anni sta finendo ma l'unico sconfitto non sembra essere solo Berlusconi.
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