Ieri notte mi è capitato di assistere alla diretta televisiva della conferenza stampa di Bernanke, dopo l'annuncio della decisione del Federal Open Market Committee di mantenere l'attuale livello di acquisti a 85 miliardi di dollari al mese.
Non ho passato "in rassegna" tutta la stampa italiana; ma leggendo qua e là, mi avvedo che una frase significativa letteralmente pronunciata da Bernanke, praticamente scompare. Dichiarandosi non ancora rassicurato dai risultati di una ripresa in cui il tasso di disoccupazione al 7,3% viene letto in relazione a un diminuito tasso di popolazione attiva (lavoratori "anziani" che ahnno smesso di cercare un lavoro), e ritenendosi appropriato un obiettivo di disoccupazione al 6,5%, Bernanke, a un certo punto, ha dichiarato:
"la prosecuzione di politiche fiscali restrittive, con l'insistenza su tetti al deficit, è un problema".
Un problema, nel corso delle domande-risposte che venivano via via date, che si collegava al miglioramento del mercato del lavoro: ma questo inteso non come tendenza alle "riforme", come ormai si intende senza ombra di ripensamenti in Italia, spingendosi per ulteriore precarizzazione e flessibilizzazione, e puntando alla "fiscalizzazione degli oneri sociali" finanziata con tagli alla spesa. Con buona pace del moltiplicatore in pareggio di bilancio di Haveelmo (cioè perseguendo, un'ulteriore manovra fiscale di compressione della domanda in situazione recessiva prolungata, e quindi ampliando le condizioni di prolungamento-ampliamento del livello di disoccupazione).
No, Bernanke, intendeva precisamente che il "mercato del lavoro" migliora, e con esso lo stato di salute dell'economia, proprio quando si versi in una congiuntura di debole crescita (ma a maggior ragione in recessione), quando lo Stato può dare il suo sostegno di spesa pubblica alla domanda aggregata. Che si traduce in sblocco degli investimenti, in una situazione che, non ignorano, è di "trappola della liquidità", e in relazione alla stessa induzione di un miglioramento dei conti fiscali: per risparmi nel welfare da disoccupazione e per allargamento della base imponibile.
Tutto ciò com'è riportato in Italia? In modo "sopito, troncato", accuratamente scisso da questi principi che negli USA sono dati come "basic" in chiave di politiche anticicliche.
In Italia infatti, ad autorizzare la prosecuzione della politica di severa restrizione del bilancio, basta il grande successo di un "raffreddamento" della recessione. Cioè: placatisi un attimo, grazie (senza paradosso, beninteso) alla "non" stabilità politica, i furori di pareggio di bilancio (sebbene già siano stati gettati i semi di tagli a spesa corrente e investimenti pubblici nel 2014), il semplice e scontato momento di stasi nel rastrellamento della liquidità da parte dello Stato, autorizzerebbe un pronto inasprimento delle stesse politiche che ci hanno portato in recessione.
Questo riassuntino del bagaglio concettuale della politica economia governativa, ben noto ai lettori di questo blog (tanto che forse vi sarà venuto a noia sentirvelo ripetere), rafforzato dalle incursioni italiane di Olli, viene prontamente avallato dal modo in cui il Sole 24ore riferisce le parole di Bernanke:
Non ho passato "in rassegna" tutta la stampa italiana; ma leggendo qua e là, mi avvedo che una frase significativa letteralmente pronunciata da Bernanke, praticamente scompare. Dichiarandosi non ancora rassicurato dai risultati di una ripresa in cui il tasso di disoccupazione al 7,3% viene letto in relazione a un diminuito tasso di popolazione attiva (lavoratori "anziani" che ahnno smesso di cercare un lavoro), e ritenendosi appropriato un obiettivo di disoccupazione al 6,5%, Bernanke, a un certo punto, ha dichiarato:
"la prosecuzione di politiche fiscali restrittive, con l'insistenza su tetti al deficit, è un problema".
Un problema, nel corso delle domande-risposte che venivano via via date, che si collegava al miglioramento del mercato del lavoro: ma questo inteso non come tendenza alle "riforme", come ormai si intende senza ombra di ripensamenti in Italia, spingendosi per ulteriore precarizzazione e flessibilizzazione, e puntando alla "fiscalizzazione degli oneri sociali" finanziata con tagli alla spesa. Con buona pace del moltiplicatore in pareggio di bilancio di Haveelmo (cioè perseguendo, un'ulteriore manovra fiscale di compressione della domanda in situazione recessiva prolungata, e quindi ampliando le condizioni di prolungamento-ampliamento del livello di disoccupazione).
No, Bernanke, intendeva precisamente che il "mercato del lavoro" migliora, e con esso lo stato di salute dell'economia, proprio quando si versi in una congiuntura di debole crescita (ma a maggior ragione in recessione), quando lo Stato può dare il suo sostegno di spesa pubblica alla domanda aggregata. Che si traduce in sblocco degli investimenti, in una situazione che, non ignorano, è di "trappola della liquidità", e in relazione alla stessa induzione di un miglioramento dei conti fiscali: per risparmi nel welfare da disoccupazione e per allargamento della base imponibile.
Tutto ciò com'è riportato in Italia? In modo "sopito, troncato", accuratamente scisso da questi principi che negli USA sono dati come "basic" in chiave di politiche anticicliche.
In Italia infatti, ad autorizzare la prosecuzione della politica di severa restrizione del bilancio, basta il grande successo di un "raffreddamento" della recessione. Cioè: placatisi un attimo, grazie (senza paradosso, beninteso) alla "non" stabilità politica, i furori di pareggio di bilancio (sebbene già siano stati gettati i semi di tagli a spesa corrente e investimenti pubblici nel 2014), il semplice e scontato momento di stasi nel rastrellamento della liquidità da parte dello Stato, autorizzerebbe un pronto inasprimento delle stesse politiche che ci hanno portato in recessione.
Questo riassuntino del bagaglio concettuale della politica economia governativa, ben noto ai lettori di questo blog (tanto che forse vi sarà venuto a noia sentirvelo ripetere), rafforzato dalle incursioni italiane di Olli, viene prontamente avallato dal modo in cui il Sole 24ore riferisce le parole di Bernanke:
La Fed lancia anche un avvertimento indiretto al Congresso: "la politica fiscale sta limitando la crescita economica". E' come se la battaglia sul bilancio fiscale e il tetto al debito che sta andanto in scena a Washington tra Casa Bianca e repubblicani deve essere risolta prima che la Fed pensi a tirare i remi in barca. Ecco perché, ricordando il suo doppio mandato di creare occupazione e tenere sotto controllo i prezzi, la banca centrale spiega che "una politica monetaria altamente accomodante resterà appropriata per un periodo considerevole di tempo", anche quando il piano di acquisto di bond sarà finito
Cosa ne avrà capito il lettore standard del Sole (il moderatamente livoroso che è convinto che il problema italiano sia l'inefficienza della pubblica amministrazione, risolvibile "tagliando" spesa per investimenti, consumi e, specialmente, personale)? Da che parte potrà pensare che si sarà schierato Bernanke? E, soprattuto, per quali "oscuri" motivi?
Si potrebbe persino arguire che la Fed ritiene, alla stregua di Letta e Saccomanni, che la "precondizione" per la ripresa sia "avere i conti in ordine" (cosa che, non si nutre alcun dubbio, coincide con la logica UEM del fiscal compact e del pareggio di bilancio). Che ritenga, "monitando" alla Draghi" o alla "Olli-Barroso", che, insomma, il Congresso e il Senato debbano, una volta per tutte, ristabilire un tetto che impedisca gli "sperperi" e le indebite interferenze dello Stato sulla libera esplicazione delle forze del mercato (del lavoro: magari per "attirare gli investitori esteri").
E invece no: Bernanke ha, in modo sufficientemente diretto, affermato qualcosa che è esattamente l'opposto di quanto si sostiene acriticamente in Italia (ovviamente sulla base dei diktat UE, dandoci a bere che si tratterebbe di decisioni autonome). Eppure gli USA non sono in recessione ed hanno un tasso di disoccupazione per cui in Italia si stapperebbero bottiglioni di spumante (la gente comune, almeno: non certo Draghi e i suoi followers "stabilmente" al potere, che all'effetto disciplinante della curva di Phillips tengono sopra ad ogni cosa).
Che poi 'sti investimenti stranieri non ci spiegano mai come sarebbero conciliabili con tutta questa sbandierata "eccellenza italiana": ma insomma, eccelliamo o siamo una colonia di indisciplinati fannulloni che deve attendere un salvatore straniero?
Pubblicato da: http://orizzonte48.blogspot.it
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