Lasciamo stare i meriti o i demeriti di Giuliano Amato, le sue
peregrinazioni politiche da Craxi in poi, le sue famose pensioni e
poltrone, la sua presunta o reale ‘intelligenza sottile’.
Parliamo del resto, del messaggio che c’è dentro.
Parliamo di quello che rappresenta l’aver scelto
Amato nel famoso «rapporto tra politica e cittadini», nell’altrettanto
famoso «scollamento» per cui tanto ci si straccia le vesti.
Parliamo dell’abisso tra establishment e opinione pubblica: del senso
di spregio, di disinteresse e di beffa con cui questa scelta viene
vissuta.
Parliamo dell’effetto di questa nomina nel Paese di figli e figliastri in cui siamo da tempo precipitati.
Parliamo di tutto questo, nell’Italia frastagliata, disperata,
astensionista e incazzata del 2013, e ditemi se Napolitano ha avuto una
buona idea, un’idea coerente con i suoi tanti ‘moniti’ sulla fiducia da
ricreare tra persone e Palazzo.
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