Il
più esilarante è sicuramente il presidente di Confindustria Giorgio
Squinzi che per parlare della situazione economica del Bel Paese usa la
parola “discesina”. Si stenta a crederlo ma ormai, avendo dato fondo a
tutto il lessico su crisi e recessione in un paradossale gioco del
“dire” e “non dire”, il capo degli industriali inventa di sana pianta
una nuova categoria economica, la discesina. Viene da chiederci se
questi signori che occupano incarichi di così alta responsabilità
abbiano o no smarrito il "senso della responsabilità" quando aprono la
bocca. E cosa sarebbe mai questa discesina? Spulciando tra i dati del
Centro studi l’unico elemento che viene sottolineato è che le
esportazioni stanno in un trend positivo e che la domanda è in ripresa,
ma solo per la quota parte della ricostituzione delle scorte, ovvero gli
acquisti delle imprese. Stop. Il resto è lo scenario di sempre
soprattutto per quel che riguarda i consumi e la disoccupazione.
Confindustria, poi, non dice, che la crisi sta mettendo a nudo una delle
ferite mai rimarginate del Bel Paese, la dimensione delle imprese. Se
prima della crisi il “taglio” delle imprese era prevalentemente
medio-basso, e tutti si auguravano un processo di concentrazione, oggi
la situazione sta peggiorando. A scriverlo è Repubblica. E questo pone
dei grandissimi problemi sul fronte di produttività, competitività e
costo del credito.
Ma lasciando perdere la “filosofia”, la discesina di Squinzi non
tiene volutamente conto di chi la crisi la sta subendo sulla pelle,
ovvero lavoratori, disoccupati, precari e pensionati. Fa bene Codacons a
ricordare che fosse vera la tesi di Confindustria per tornare ai
livelli del Pil pre-crisi bisognerebbe attendere il 2019. Insomma, il
Pil non si sposta, anzi. Confindustria rintraccia una discesina. La
realtà è che dopo il quarto trimestre la cosiddetta crescita sarà senza
lavoro. “Magra consolazione, dunque, il +0,3 per cento del quarto
trimestre”, dice Codacons. L’Italia resterebbe comunque la Cenerentola
d'Europa, dato che nell'Eurozona il Pil e' gia' salito nel secondo
trimestre di quest'anno dello 0,3 per cento e, quindi, il nostro Paese
continua a perdere competitivita' rispetto agli altri".
Squinzi, che ha preso parte alla presentazione dei dati del Centro
studi Confindustria, ha poi avuto una colazione di lavoro con il
ministro dell’Economia Saccomanni. Tra le parti sociali e Saccomanni è
in corso uno scontro non di poco conto. Il motivo è semplice, Saccomanni
non ha nessuna intenzione di mollare i 4-5 miliardi che servono a
tagliare il costo del lavoro e, in più, non intende aprire nessun
capitolo che veda un coinvolgimento pubblico della Cassa depositi e
prestiti. Troppe bocche fameliche si stanno esercitando per agguantare
un malloppo di decine di miliardi. E così, Saccomanni mentre domenica
scorsa a Cernobbio ha rischiato di spaccare l’esecutivo proprio sul
nuovo patto sociale oggi sembra essere tornato a più miti consigli. Ma
si tratta solo di tattica diplomatica. Bisogna aspettare che passi la
buriana di crisi su palazzo Chigi. La sostanza del nodo la scrive lo
stesso Saccomanni oggi sul Sole 24 ore: “Sono convinto che si debbano
reperire le risorse necessarie per realizzare quel programma e ciò sarà
possible se ciascuna delle parti in causa saprà dare il proprio
contributo”. E qual è il contributo da dare? Semplice, le riforme sul
lavoro e il licenziamento degli addetti del pubblico impiego. Del resto,
che la ripresa passi per l’attacco frontale ai diritti dei lavoratori
lo sottolinea da mesi la stessa Bce. I miliardi della Cdp qundi restabo
ben chiusi nel cassetto: nessuna politica economica pubblica e briciole
per l'abbassamento del costo del lavoro.
"Adesso che le politiche di austerita' hanno distrutto l'economia
italiana, provocando una gravissima recessione - commenta il segretario
del Prc Paolo Ferrero - gli stessi soggetti che l'hanno provocata
spargono rassicurazioni sul fatto che la recessione e' finita e che
quindi si vede la fine della crisi''. Secondo Ferrero, emerge ora ''la
necessita' di rovesciarle, partendo dalla redistribuzione del reddito
dai ricchi a favore di disoccupati, lavoratori e pensionati. Per questo
proponiamo la patrimoniale sulle grandi ricchezze e di smetterla di
pagare la tangente dei tassi di interesse usurai sul debito, uno spreco
di 70 miliardi".
Nessun commento:
Posta un commento