giovedì 12 settembre 2013

LA DISCESINA di Fabio Sebastiani, Liberazione


 
Il più esilarante è sicuramente il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi che per parlare della situazione economica del Bel Paese usa la parola “discesina”. Si stenta a crederlo ma ormai, avendo dato fondo a tutto il lessico su crisi e recessione in un paradossale gioco del “dire” e “non dire”, il capo degli industriali inventa di sana pianta una nuova categoria economica, la discesina. Viene da chiederci se questi signori che occupano incarichi di così alta responsabilità abbiano o no smarrito il "senso della responsabilità" quando aprono la bocca. E cosa sarebbe mai questa discesina? Spulciando tra i dati del Centro studi l’unico elemento che viene sottolineato è che le esportazioni stanno in un trend positivo e che la domanda è in ripresa, ma solo per la quota parte della ricostituzione delle scorte, ovvero gli acquisti delle imprese. Stop. Il resto è lo scenario di sempre soprattutto per quel che riguarda i consumi e la disoccupazione. Confindustria, poi, non dice, che la crisi sta mettendo a nudo una delle ferite mai rimarginate del Bel Paese, la dimensione delle imprese. Se prima della crisi il “taglio” delle imprese era prevalentemente medio-basso, e tutti si auguravano un processo di concentrazione, oggi la situazione sta peggiorando. A scriverlo è Repubblica. E questo pone dei grandissimi problemi sul fronte di produttività, competitività e costo del credito.
Ma lasciando perdere la “filosofia”, la discesina di Squinzi non tiene volutamente conto di chi la crisi la sta subendo sulla pelle, ovvero lavoratori, disoccupati, precari e pensionati. Fa bene Codacons a ricordare che fosse vera la tesi di Confindustria per tornare ai livelli del Pil pre-crisi bisognerebbe attendere il 2019. Insomma, il Pil non si sposta, anzi. Confindustria rintraccia una discesina. La realtà è che dopo il quarto trimestre la cosiddetta crescita sarà senza lavoro. “Magra consolazione, dunque, il +0,3 per cento del quarto trimestre”, dice Codacons. L’Italia resterebbe comunque la Cenerentola d'Europa, dato che nell'Eurozona il Pil e' gia' salito nel secondo trimestre di quest'anno dello 0,3 per cento e, quindi, il nostro Paese continua a perdere competitivita' rispetto agli altri".
Squinzi, che ha preso parte alla presentazione dei dati del Centro studi Confindustria, ha poi avuto una colazione di lavoro con il ministro dell’Economia Saccomanni. Tra le parti sociali e Saccomanni è in corso uno scontro non di poco conto. Il motivo è semplice, Saccomanni non ha nessuna intenzione di mollare i 4-5 miliardi che servono a tagliare il costo del lavoro e, in più, non intende aprire nessun capitolo che veda un coinvolgimento pubblico della Cassa depositi e prestiti. Troppe bocche fameliche si stanno esercitando per agguantare un malloppo di decine di miliardi. E così, Saccomanni mentre domenica scorsa a Cernobbio ha rischiato di spaccare l’esecutivo proprio sul nuovo patto sociale oggi sembra essere tornato a più miti consigli. Ma si tratta solo di tattica diplomatica. Bisogna aspettare che passi la buriana di crisi su palazzo Chigi. La sostanza del nodo la scrive lo stesso Saccomanni oggi sul Sole 24 ore: “Sono convinto che si debbano reperire le risorse necessarie per realizzare quel programma e ciò sarà possible se ciascuna delle parti in causa saprà dare il proprio contributo”. E qual è il contributo da dare? Semplice, le riforme sul lavoro e il licenziamento degli addetti del pubblico impiego. Del resto, che la ripresa passi per l’attacco frontale ai diritti dei lavoratori lo sottolinea da mesi la stessa Bce. I miliardi della Cdp qundi restabo ben chiusi nel cassetto: nessuna politica economica pubblica e briciole per l'abbassamento del costo del lavoro.
"Adesso che le politiche di austerita' hanno distrutto l'economia italiana, provocando una gravissima recessione - commenta il segretario del Prc Paolo Ferrero - gli stessi soggetti che l'hanno provocata spargono rassicurazioni sul fatto che la recessione e' finita e che quindi si vede la fine della crisi''. Secondo Ferrero, emerge ora ''la necessita' di rovesciarle, partendo dalla redistribuzione del reddito dai ricchi a favore di disoccupati, lavoratori e pensionati. Per questo proponiamo la patrimoniale sulle grandi ricchezze e di smetterla di pagare la tangente dei tassi di interesse usurai sul debito, uno spreco di 70 miliardi".

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