martedì 10 settembre 2013

La "crescita"? Chiacchiere senza basi reali

Crisi, Visco: "La recessione sta finendo"
Ma l'Istat taglia ancora le stime del Pil

Il governatore di Bankitalia: "La produzione riprenderà entro fine anno. Ma tempi e modalità incerti"
Prodotto interno a -2,1%: ottavo trimestre in calo. Giù i consumi. Spread, Spagna meglio dell'Italia
UE: "11 ITALIANI SU CENTO VIVONO PRIVAZIONI, DAL RISCALDAMENTO ALLA CARNE"
 
Crisi, Visco: "La recessione sta finendo" Ma l'Istat taglia ancora le stime del Pil
 
Da un lato il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco vede la fine del tunnel della crisi. Dall’altro i dati certificano che la luce in fondo al tunnel, se c’è, è ancora lontana. A dirlo è l’Istat, che ha rivisto nuovamente al ribasso i dati sul Pil: -2,1 per cento il dato tendenziale per il 2013, -0,3% quello per il secondo trimestre dell’anno con una contrazione complessiva acquisita sull’anno dell’1,8%. E crollano anche i consumi delle famiglie: -3,3 su base annua, con una contrazione significativa soprattutto nell’acquisto di beni
 
La "crescita"? Chiacchiere senza basi reali
Se qualcuno del governo vi dice ancora di "vedere la luce in fondo al tunnel" consigliategli di cambiare pusher.
La crisi produttiva italiana appare infatti - dai dati Istat - una discesa agli inferi senza nemmeno le fermate ai singoli piani. I numero resi noti stamattina sono peggiori delle attese, figuriamoci della dichiarazioni ottiministiche di Letta e qualche altro ministro.
Nel secondo trimestre del 2013 il prodotto interno lordo (PIL), "corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato", è diminuito dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e del 2,1% nei confronti del secondo trimestre del 2012.
La stima preliminare diffusa il 6 agosto 2013 scorso aveva rilevato una diminuzione congiunturale dello 0,2% e una diminuzione tendenziale del 2,0%. Come si diceva sopra: peggiore delle attese, dunque, espresse solo un mese fa dalla stessa Istat, con le identiche metodiche. Da dove veniva dunque l'"ottimismo" sbandierato dai saccomanni, Letta il Giovane e compagnia cantando?
La variazione negativa acquisita per il 2013 è già ora (primi sei mesi) pari a -1,8%. Se non ci sarà una - a questo punto altamente improbabile - inversione di tendenza nel secondo trimestre il bilancio finale potrebbe essere ancora più negativo.
Rispetto al trimestre precendente, i principali aggregati della domanda interna (consumi finali nazionali delle famiglie e investimenti fissi lordi) sono diminuiti entrambi dello 0,3%, mentre le esportazioni sono aumentate dell'1,2%. Le importazioni hanno registrato una flessione dello 0,3%. Sono gli effetti della ricerca della "competitività" solo sul costo del lavoro (nonché dei diritti e del welfare): migliora la capacità di esportare (produrre costa un po' meno) ma crolla la domanda interna (chi lavora o è in pensione ha meno soldi da spendere, anche per i consumi di prima necessità).
La domanda nazionale al netto delle scorte ha sottratto 0,3 punti percentuali alla crescita del PIL. Ed anche il contributo dei consumi delle famiglie è stato di -0,3 punti percentuali, mentre quello degli investimenti fissi lordi e della spesa della Pubblica Amministrazione è stato nullo. La variazione delle scorte ha contribuito negativamente per 0,4 punti percentuali alla variazione del PIL, mentre l'apporto della domanda estera netta è stato positivo per 0,4 punti percentuali.
"Il valore aggiunto ha registrato variazioni congiunturali negative del 2,2% nell'agricoltura, dello 0,9% nelle costruzioni, dello 0,3% nei servizi e dello 0,1% nell'industria in senso stretto. In termini tendenziali, è diminuito del 6,9% nelle costruzioni, del 2,6% nell'agricoltura, del 2,5% nell'industria in senso stretto e dell'1,2% nei servizi". Non c'è insomma un solo comparto dell'economia nazionale che faccia registrare un andamento "positivo". Nemmeno dopodue anni di recessione contnua.

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