Cara Alessandra Mussolini,
dov’eri tu quando noialtre parlavamo di accoglienza, solidarietà, accettazione del diverso? Dov’eri tu mentre noialtre ci battevamo per una sessualità consapevole e libera, contro ogni forma di riduzione della donna a merce? Sventolavi le tue magliette e i tuoi furori, talora persino il tuo cognome (ah, questo Paese pieno di nipoti), prendevi a cuore tutte le battaglie più, ai miei occhi, atroci, sostenevi i personaggi più indifendibili (compreso un noto frequentatore di minorenni,
ma anche lui convinto che fossero, guarda un po’, maggiorenni: come se
questo cambiasse lo squallido rapporto di potere che lega chi si concede
per denaro e chi compra un rapporto sessuale, specie da una persona
tanto più giovane).
E ora, pensa, tutta quella “sorellanza” così tanto vituperata dalle stesse donne (non parliamo degli uomini) della tua parte politica, quella stupida, incontrovertibile solidarietà – che è di genere, sì: genere umano – mi si rivolta contro, e non riesco in alcun modo nemmeno a sorridere davanti al ludibrio
a cui da qualche giorno ti vedo esposta in questo Colosseo della Rete
(amato Colosseo, benedetto Colosseo, dove tutti possiamo dire la nostra,
e pazienza se qualcuno ha cose atroci da dire e libera i leoni:
vale lo stesso la libertà di tutti, e ci sono alcuni di noi che i leoni
sono capaci di ammazzarli con una risata). Mi sento male per te, pensa
un po’. Mi sento ferita come sempre, come se fossimo sempre un corpo collettivo ed esposto, noi donne. Quale siamo.
Sarà che so esattamente cosa si prova, a vedersi tradite, e tradite in malo modo – che gli uomini sono professionisti della cazzata gigante,
e credono davvero, fanciullescamente, che non li si sgami mai, non li
si sorprenda mai con le mani nella marmellata (ma quella non è
esattamente marmellata), che sia sempre soavemente possibile mantenere separati e invisibili
i mondi in cui vivono contemporaneamente (mentre quanta fatica costa, a
noialtre, cercare sempre di conciliare tutti i mondi, farli coincidere e
comunicare?) - e il modo in cui sei stata tradita tu mi fa addirittura
orrore, tanto è pubblico, impietoso, impossibile da riparare senza prezzi altissimi o forse pure malgrado quelli.
Continuo a pensare che una società in cui nessuno abbia nemmeno l’idea di vendersi
e nessuno voglia comprare il sesso sia possibile, togliendo di mezzo
tante cose, ripensando il concetto di benessere e disegnando meglio il
concetto di dignità, ripensando i rapporti di potere tra i sessi (come
ha votato il tuo partito, sulle quote rosa? sulla
parità di genere? come avresti votato tu? dove eravate voi mentre le
televisioni del padrone del centrodestra diffondevano il modello Drive-In, il modello veline, il modello tutto-e-subito? dove eravate mentre, negli ultimi vent’anni, veniva sdoganato e normalizzato il modo più becero
di trattare le donne, come oggetti decorativi o protagoniste di
barzellette volgari raccontate su tutti i palcoscenici?), o meglio i rapporti di potere
tout court. Roba immensa, rifondazione di società e di mondi. A cui
sarebbe bello contribuissero tutte le donne, tutti i generi, tutti gli
umani. Con le loro ferite, pubbliche e private. Perché i mondi migliori servono anche a questo: a limitare quelle ferite, ad allargare la capacità di risanarle. Che sognatrici, le donne.
Non ho molto da dirti, se non che mi dispiace: nel mio modo sorellante, compartecipante, empatico, emotivo e donnesco ogni volta che una donna viene ferita (anche una donna che non mi piace affatto, come sei sempre stata tu e come probabilmente resterai e amen) sento che quella ferita mi appartiene. Forse è una cosa di sinistra, certo – ripeto – è una cosa di genere. Di genere umano.
da: http://manginobrioches.wordpress.com
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