È abbastanza divertente vedere come adesso, a parole, sono tutti contro l’austerity.
Tutti, a iniziare dai governi e dei poteri che l’hanno imposta e che
ci hanno portato dove siamo: 42 e rotti per cento di disoccupazione
giovanile in Italia, ultimo dato. Perfino il Fondo Monetario
Internazionale (pezzo forte della Troika) sta tentando una mezza marcia indietro, sempre a parole, sui suoi stessi diktat.
Per non parlare dei “socialisti europei”, cioè il concentrato di
partiti che da molto o da poco governa in mezza Europa con la formula
delle larghe intese (Germania, Italia, Grecia, Belgio, Austria, Olanda,
Slovenia, Romania).
Con la punta di diamante della Spd, partito che a Berlino è incollato
a Merkel e alle europee si presenta con un suo leader, Martin Schulz,
appena arrivato in Italia per accogliere Renzi e attaccare “il rigore”. E pure Napolitano, quello che ha imposto Monti obbedendo proprio alla Troika, si è da poco riscoperto keynesiano.
Intendiamoci: fa piacere che abbiano capito di aver fatto una
cazzata. Così come fa piacere non essere più minoranza “estremista” nel
denunciare che quel sistema lì non funzionava. Non è che era solo
brutto, ingiusto, vessatorio: proprio non funzionava.
Fa un po’ stupore, invece, la faccia di bronzo con cui
approssimandosi le elezioni europee i larghintesisti e troikisti europei
facciano finta di non esserne stati i principali responsabili. Vogliono
che ci affidiamo a quelli che ci hanno rovinati, perché dicono di aver
cambiato idea.
Adesso inizia, appunto, la campagna elettorale. Di qui al 25 maggio –
si accettano scommesse – saranno tutti contro l’austerità, senza
vergognarsi dei danni che hanno fatto.
Hanno tre mesi per farci dimenticare tutto. Che ci riescano o no, dipende da ciascuno di noi.
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