mercoledì 12 marzo 2014

La lunga marcia antidemocratica di Claudio Portici

Il dibattitto sulla cosiddetta riforma della legge elettorale è un concentrato di tutti gli aspetti peggiori dell’attuale situazione politica nel nostro paese e dei disegni reazionari delle forze egemoni all’interno del Parlamento.
 
1. La Corte Costituzionale dichiara illegittima una serie di norme della legge elettorale voluta dal vecchio centro destra che va sotto il nome di porcellum; la maggioranza parlamentare invece di lavorare su una normativa che ristabilisca la correttezza costituzionale impone invece con tutti i mezzi un provvedimento legislativo che accentua e peggiora quei contenuti che la Corte con la sua sentenza ha abrogato. I media sostengono appieno questa violazione antidemocratica spostando l’attenzione dell’opinione pubblica dai contenuti concreti della legge al “fare presto”.
Non c’è di che stupirsi: due anni fa un referendum popolare ha dichiarato che l’acqua deve essere pubblica; un referendun popolare ha carattere legislativo, cioè produce una nuova legge che diventa vigente; nessun problema, i governi e la maggioranza delle larghe intese su scala nazionale e locale si comportano come se questa nuova legge non esistesse.
 
2. Il voto della Camera evidenzia una realtà inequivocabile: esiste un’alleanza di ferro tra Renzi e Berlusconi (vedremo fino a quando il secondo riterrà utile per lui mantenerla), una larghissima intesa tra i due per marciare costi quello che costi (per Renzi lo sconquasso ulteriore del PD al fine di imporre definitivamente la sua leadership e la sua volontà) verso un sistema elettorale oligarchico, antidemocratico, di negazione di alcuni principi fondamentali della rappresentanza democratica. Solo il voto di Forza Italia su alcuni emendamenti ha permesso che l’attuale governo, per altro schierato al gran completo alla Camera, riuscisse a strappare una risicata maggioranza di voti. Da sola la maggioranza ufficiale, minata dalle divisioni, non ce l’avrebbe fatta.
 
3. Il sistema elettorale che si vuole imporre prevede che solo due partiti possano concorrere realmente, non solo a dirigere il paese, ma nei fatti ad avere una rappresentanza in Parlamento. Il partito o la coalizione che arriva al 37% ottiene un premio del 15% che gli attribuisce una maggioranza assoluta. Se nessuno supera la soglia si va a un secondo turno di ballottaggio che garantirà comunque 325 seggi su 630 a chi lo vince. I partiti che partecipano a una coalizione devono superare almeno il 4,5% per ottenere eletti.
La legge presenta un ulteriore e grave vulnus democratico: chi non accetta di stare nel gioco truccato, bipartisan e liberista e vuole correre in alternativa da solo si trova a dover superare un’asticella all’8%. E’ chiaro che si vuole impedire che qualche nuovo arrivato, specie di sinistra, possa entrare nel gioco parlamentare; se qualcuno di questi trova un’altra formazione politica critica e convergente con cui allearsi, la soglia della coalizione per poter ottenere seggi sale al 12%
.
Il meccanismo è fatto per convincere con le buone e con le cattive che il tuo voto “vale” solo se scegli il prodotto Berlusconi o il prodotto Renzi. Se poi questo meccanismo lascia fuori dalla rappresentanza e in senso più largo fuori dalla partecipazione milioni di cittadini, magari metà del paese come è già avvenuto in Sardegna nelle recenti elezioni regionali, che importa? Questa è la modernità. E il nuovo corso del mondo, del capitalismo, non prevede come interesse principale, la democrazia.
4. Naturalmente poi ci sono ulteriori clausole che servono a garantire gli interessi specifici del giovane venuto dal nulla e creato dai media e il vecchio pregiudicato che i media da tempo possiede: 120 piccoli collegi con candidature da 3 a 6, con listini bloccati, niente preferenze, e candidature plurime fino ad 8 collegi per garantire in ogni caso che certi personaggi non corrano rischi e siano eletti, e che i leader garantiscano con la loro presenza in più collegi una adeguata resa elettorale ai partiti maggiori. Inoltre dà a questi leader un ulteriore potere di scelta su chi deve entrare in parlamento.
 
5. Abbiamo lasciato per ultimo, ma non certo in ordine di importanza, il voto sulle cosiddette quote rosa, cioè tutti gli emendamenti proposti che mettevano in discussione il monopolio politico degli uomini e che si proponevano un equilibrio di genere nella rappresentanza. E’ noto che nel movimento delle donne ci sono idee e proposte diverse sulle cosiddette quote rosa, ma i voti nel parlamento hanno avuto poco a che fare su quali siano gli strumenti migliori per valorizzare le differenze di genere.
Un parlamento con una maggioranza che concepisce la rappresentanza solo per i più forti, come un loro monopolio, non si fa problemi a difendere questo monopolio anche di fronte alla possibile “invadenza” delle donne, confermando su questo tema decisivo quali siano le sue concezioni antidemocratiche e sessiste.
Quel dibattitto e quei voti sono come un sigillo antidemocratico su un disegno di legge frutto di un progetto reazionario ed autoritario.
Si nega la rappresentanza alle minoranze, l’esecutivo ottiene il totale sopravvento sul legislativo, per cui i parlamentari perdono la ragione di essere rappresentanti reali dei cittadini; le donne sono tenute ai margini.
Ma queste sono le logiche implacabili delle scelte economiche e politiche delle classi dominanti in questa fase storica. Per imporre le politiche di austerità e il dominio completo del mercato a garanzie dei profitti e delle rendite, serve oggi una gestione iperverticistica del potere e la fine della stessa democrazia parlamentare borghese, quale abbiamo conosciuto nel secondo dopoguerra.
 
6. Un ultimo appunto, Renzi ha dovuto riconoscere che la legge così come è stata votata dalla prima lettura alla Camera presenta numerose “imperfezioni” (succede sempre, per tutti i provvedimenti specie quando si fanno le cose in fretta e poco pensate e discusse) e ha annunciato, per tranquillizzare i suoi, che una serie di “miglioramenti” potranno essere fatti in seconda lettura al Senato. Già, quel Senato che si vuol far abolire da questo stesso parlamento in tempi abbastanza rapidi con apposito progetto di riforma costituzionale che il governo avanzerà quanto prima…
Quando questo ulteriore scempio istituzionale sarà operato, Renzi non avrà più a disposizione per “correggere gli errori” la seconda lettura, il ruolo legislativo delle due Camere tanto vituperato che invece i padri fondatori della Repubblica, dopo il fascismo e la guerra vollero come garanzia e fondamento di una equilibrata e ponderata azione legislativa.
A Renzi e agli altri suoi amici di merenda non viene in mente che il principio voluto dalla Costituente aveva lo scopo di poter lavorare più a fondo sulle leggi, di tutelare meglio le minoranze, di garantire le stesse maggioranze nella formulazione delle leggi, troppo sovente improvvisate non solo nei loro aspetti politici, ma anche nella redazione materiale.
I costituenti hanno definito un procedimento un po’ più laborioso, ma politicamente più equilibrato con la finalità anche di ridurre gli errori politici e di tecnica legislativa.
Ma si sa a Renzi e a Berlusocni, al PD e a Forza Italia non interessano queste “sottigliezze”; basta che ci sia un uomo solo al comando, un uomo che un giorno può dire una cosa e il giorno dopo il suo contrario, senza opposizione visibile, anzi con il plauso interessato di quel coagulo di classe, media e forze economiche e sociali della borghesia, che in questo secondo decennio del secolo esprime tutta la protervia e il marciume della classe dominante.

Nessun commento: