domenica 2 marzo 2014

Ucraina, cosa è rimasto dell’Europa Di ilsimplicissimus

images (10)Improvvisamente si sono alzati venti di tempesta, folate gelide di guerra: la vicenda Ucraina, come si poteva facilmente immaginare, è stata una miccia irresponsabilmente accesa e non si sa in che modo si riuscirà a spegnerla prima che arrivi alle polveri. Ma non solo: è stato il fallimento universale di una democrazia che via via sta diventando solo formale e resa subalterna agli interessi dei padroni del denaro. La figura peggiore non la fa certo la Russia nonostante il regime autocratico di Putin, ma proprio gli Usa e l’Europa che hanno appoggiato se non preparato (leggi qui) un colpo di stato contro un governo regolarmente eletto due anni prima, affidando la realizzazione del piano a corpi paramilitari di estrema destra, armati e riforniti. Anche ipotizzando una spontaneità della rivolta armata di qualche migliaio di persone e l’appoggio di circa un trenta per cento dell’opinione pubblica, è fin troppo evidente che l’operazione è riuscita solo grazie al supporto senza condizioni fornito da un Obama farneticante che incitava alla secessione ucraina e dalla Ue che addirittura si è spinta a promuovere sanzioni al governo in carica. Mettendo da parte proprio tutti gli strumenti democratici che era possibile mettere in campo.
Non credo che si arriverà a uno scontro militare, ma è del tutto evidente che la Ue, priva da sempre di una politica estera e persino di un commissario agli esteri se non vogliamo considerare tale la inesistente e stuporosa Ashton, è stata trascinata dentro una contrapposizione geopolitica alla Russia di cui ogni singolo Paese europeo pagherà in modo peculiare conseguenze in termini di rifornimento energetico, di joint ventures e di export per parlare solo di temi economici. E qui sorge il problema: chi, con quale autorità, con quale consenso, con quale mandato, con quale rappresentanza, con quale maggioranza parlamentare ha deciso di esporre il l’intero continente a un conflitto geopolitico di questo tipo? Un problema capitale che i media fanno finta di ignorare.
La risposta pragmatica è fin troppo ovvia: la Germania, in prima fila nell’appoggio al un golpe affidato alle bande neonaziste e ormai scatenata nel suo espansionismo economico che in questo caso è andato a braccetto con la strategia americana di accerchiamento militare della Russia. Non a caso è proprio il socialdemocratico Schulz che apre ai colloqui con i gruppi neonazisti  e straparla di autodeterminazione dei popoli, pur sapendo benissimo che non solo la repubblica autonoma di Crimea ma molta parte dell’Ucraina orientale non ne vuol sapere di un Paese trascinato a forza nel campo antirusso. Ma dal punto di vista della sbandierata democrazia europea l’avventura di appoggiare un vero e proprio colpo di stato basandosi solo sull’interruzione, peraltro temporanea, dei colloqui preliminari per un’associazione dell’Ucraina alla Ue, voluta dal governo regolarmente in carica, costituisce un salto di qualità estraneo a tutti i trattati e anche alla struttura di governance della Ue. Qui non si tratta di determinare la lunghezza del salmone commerciabile  e abbiamo la dimostrazione palmare di cosa significhi “più Europa” che è il vacuo refrain delle socialdemocrazie continentali e anche dell’ipocrisia o cecità dell’ “un’altra Europa è possibile” senza però prevedere dei passi indietro rispetto alla dittatura economica che poi sfocia in questi eventi totalmente al di fuori del controllo dei cittadini europei e anche dei singoli Paesi. La vicenda Ucraina ci insegna che si è andati troppo avanti nella deformazione dell’idea stessa di Europa per pensare di cambiare le cose senza uno choc e una messa in questione di tutto il meccanismo geneticamente mutato a cominciare dalla moneta unica per finire al trattato di Lisbona.
E del resto questo non vale solo per le questioni esterne: le stesse stigmate si avvertono chiaramente in Grecia e in Spagna dove, esattamente al contrario dell’Ucraina, le manifestazioni contro i massacri sociali sono soffocate con gli stessi metodi usati dai colonnelli o da Franco. Qualcosa che sta arrivando anche da noi con la criminalizzazione giudiziaria del dissenso, vedi no Tav o no Muos, e che rende non solo strumentale e ipocrita, ma anche volgare e sfacciato il lamento per l’Ucraina alla quale peraltro, dopo aver fatto la frittata, si negano gli aiuti fatti balenare durante i giorni di piazza Maidan. Questo si che dovrebbe essere tema per la sinistra che tuttavia agonizza tra balbettii e silenzi. La verità è che “un’altra sinistra è possibile”. Anzi necessaria.
Nell’accettare la candidatura alla Presidenza della Commissione Europea, Alexis Tsipras ha indicato le sue priorità politiche, e proposto un piano in dieci punti contro la crisi. Questo documento rappresenta la piattaforma politica attorno a cui si è raccolta la lista italiana L’Altra Europa con Tsipras, che verrà approfondita e integrata nelle prossime settimane in un confronto aperto e partecipato.
“L’Unione Europea sarà democratica o cesserà di esistere”, afferma Tsipras: “Per noi, la democrazia non è negoziabile”. Il documento sottolinea la necessità di “superare la divisione fra Nord e Sud dell’Europa”, e definisce così il sogno dell'Europa che vorremmo: Un’Europa al servizio dei cittadini, invece che un’Europa ostaggio della paura della disoccupazione, della vecchiaia e della povertà. Un'Europa dei diritti, anziché un'Europa che penalizza i poveri, a beneficio dei soliti privilegiati, e al servizio degli interessi delle banche.
Per costruire questa Europa - la nostra Europa - il documento di Tsipras indica tre priorità politiche:
  1. Porre fine all’austerità e alla crisi, con gli strumenti indicati nei 10punti del piano
  2. Avviare la trasformazione ecologica della produzione, per rispondere alla crisi ambientale e dare priorità alla qualità della vita, alla solidarietà, all’istruzione, alle fonti energetiche rinnovabili, allo sviluppo ecosostenibile
  3. Riformare le politiche europee dell’immigrazione, rifiutando il concetto di “Fortezza Europa” che alimenta forme di discriminazione, e garantendo invece i diritti umani, l’integrazione, il diritto d’asilo e le misure per la salvaguardia dei migranti, costretti ad affrontare viaggi in cui è a rischio la loro stessa vita
I contenuti principali del Piano in dieci punti contro la crisi sono:
  1. la fine immediata dell’austerità, “una medicina nociva somministrata al momento sbagliato”, che ha portato al primato di 27 milioni di disoccupati in Europa e all’ingiustizia di intere generazioni derubate del loro futuro
  2. un programma di ricostruzione economica, finanziato direttamente dall’Europa tramite i prestiti a basso tasso d'interesse, e centrato sulla creazione di posti di lavoro, sullo sviluppo di tecnologia e infrastrutture
  3. la sospensione del patto di bilancio europeo (Fiscal Compact), che attualmente impone il pareggio di bilancio anche ai paesi in gravi difficoltà economiche, e che deve invece consentire gli investimenti pubblici per risanare l’economia e uscire dalla crisi
  4. una Conferenza europea sul debito, simile a quella che nel 1953 alleviò il peso del debito che gravava sulla Germania, e le consentì di ricostruire la nazione dopo la guerra
  5. una vera banca europea, che in caso di necessità possa prestare denaro anche agli stati e non solo alle banche, e che fornisca prestiti a basso tasso di interesse agli istituti di credito, a patto che accettino di fornire credito a costi contenuti a piccole e medie imprese
  6. una legislazione europea che renda possibile tassare i guadagni che derivano dalle operazioni finanziarie, oggi fiscalmente colpite molto meno del lavoro
Per rendere possibile questo cambiamento, afferma Tsipras, “dobbiamo influenzare in modo decisivo la vita dei cittadini europei. Non vogliamo semplicemente cambiare la attuali politiche, ma anche estendere l’interesse e la partecipazione delle persone alla politica, fin nella stesura delle leggi europee. Per questo dobbiamo creare un’alleanza politica e sociale più ampia possibile”.
La crisi dell’Europa non è solo economica e sociale, è anche crisi di democrazia e di fiducia. A questa crisi noi possiamo e dobbiamo rispondere, con “un movimento per la costruzione democratica di un’unione che oggi è solo monetaria”.
Per ricostruire l’Europa - conclude Tsipras - è necessario cambiarla. E dobbiamo cambiarla adesso, perché sopravviva. Mentre le politiche neo-liberiste trascinano indietro la ruota della Storia, è il momento che la sinistra spinga avanti l’Europa”.

dal blog listatsipras.eu
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